venerdì 6 gennaio 2023

Recensione - "I figli che non voglio" di Simonetta Sciandivasci


Titolo:
 I figli che non voglio
Autore: Simonetta Sciandivasci
Genere: Sociologia
Pagine: 216
Editore: Mondadori
Data di uscita: 29 novembre 2022

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Inverno demografico: e davanti a noi si stendono pianure infeconde e ghiacciate da far impallidire Il Trono di Spade, nella mente risuonano echi di tragedie shakespeariane. In Italia non si fanno più figli, dove andrà a finire la nostra civiltà, ma soprattutto: chi pagherà le nostre pensioni? Ma che senso ha insistere a credere che l'unico modo per tenere in piedi il sistema sia procreare, anche laddove le donne – per la precisione una minoranza di donne quantificata dall'Istat nel 5 per cento – pur essendo nelle condizioni di fare figli, non li vuole? Rispetto al tema della maternità spesso vincono gli schematismi e le donne si trovano rappresentate o come vittime di un Paese in cui fare figli è un privilegio – la precarietà del lavoro, gli stipendi bassi, gli asili inaccessibili, lo stato sociale che non provvede come dovrebbe –, o come un manipolo di ciniche, superficiali, carrieriste e future pentite destinate a una vecchiaia solitaria e amareggiata dal rimpianto di non essersi riprodotte. Tra questi due poli ci sono le persone vere, a cui danno voce gli interventi raccolti in questo libro. Tante donne, ma anche alcuni uomini, che hanno raccolto la sfida lanciata da Simonetta Sciandivasci con lucidità e ironia sulle pagine dello "Specchio", inserto culturale della "Stampa", una sfida a interrogarsi sui motivi per cui si diventa genitori oppure no, a ragionare sulle diverse possibili fisionomie di una famiglia. [...]
Ancora una volta mi rendo conto che affrontare un libro caricandolo di aspettative è il modo migliore per uscire deluse dalla lettura. Quando ho scelto di leggere questo volume mi aspettavo una analisi del fenomeno che vede una certa percentuale di donne che, pur potendolo fare, sceglie di non avere figli. Io stessa quand’ero adolescente e poi una giovane donna non ero completamente convinta di generare nuova vita. Poi qualcosa è scattato e mi sono ritrovata madre di un maschietto e di una femminuccia che ancora non si capacitano della cosa. A parte gli scherzi, la scelta di diventare genitori non va mai fatta a cuor leggero perché implica un legame e un impegno che durerà per tutta la vita. E, inoltre, chi ha la fortuna di poter scegliere, deve farlo con il massimo rispetto sia per i figli che verranno, sia per tutte quelle persone che pur avendo le caratteristiche per divenire ottimi genitori sono stati destinati a non poterlo mai essere. Sarà perché ho conosciuto persone così, ma io ogni volta che mi arrabbiavo coi miei rampolli e mi veniva la tentazione di dire “Quando mai non vi ho lasciati dov’eravate” pensavo a loro e stringevo i denti. Io ho potuto scegliere. Sono stata fortunata. Devo farmi carico delle responsabilità che la mia scelta ha comportato e andare avanti.

Forse ho divagato un pochino ma l’argomento è quello e mi andava di dire anche io la mia in questa sorta di dibattito, iniziato sulle pagine dell’inserto culturale de La Stampa nel gennaio 2022 da Simonetta Sciandivasci. 
Qualcuno interpretò quel pezzo come una dichiarazione di guerra ai bigotti che non vanno oltre le parole di Papa Francesco, quando denuncia il pericolo di un “Inverno demografico”. In realtà l’autrice stessa dice che, tra le moltissime mail arrivate al giornale per commentare il suo articolo, non erano poi così tante quelle volte a criticare in modo aggressivo il suo scritto. Magari, più che le idee da lei sostenute, erano oggetto di giudizio il suo modo di porsi talora supponente e incattivito. E l’autrice risponde così:
Non siamo incattivite, è semplicemente un altro modo di stare al mondo. Mia madre solo adesso si permette di dirmi che se non mi avesse avuto, avrebbe avuto comunque una vita felice. Non veniamo più educate in quel modo e lo puoi anche raccontare con un sorriso ma dà fastidio. Però se il mio paese mi permettesse di adottare un bambino bisognoso, da single, sicuramente lo adotterei”.
Il mio parere, del tutto personale, è che l’articolo fosse in realtà scritto con troppa enfasi. Io non ho nulla contro le donne che scelgono liberamente di non avere figli. Sia chiaro. E se decidi di scriverci un libro mi fa anche piacere leggerlo per capire i motivi della tua scelta. Ma se mi scrivi che tua madre ha confessato che avrebbe vissuto bene anche senza figli, o che tua zia dopo aver letto il tuo articolo ti ha detto che hai ragione perché i figli sono proprio una gran rottura. Bè se scrivi questo non mi dici nulla. E spero non siano questi i motivi per cui hai scelto di non avere figli. 
Comunque, come riportato in precedenza la quantità di riscontri all’articolo fece nascere l’idea di pubblicarne periodicamente qualcuno che portava opinioni e motivazioni simili o diametralmente opposte e, dato l’interesse dimostrato dai lettori, alla fine di raccogliere tutto in questo libro che l’autrice inizia così:
“Caro Istat, ti scrivo perché non rientro nei tuoi grandi numeri. Precisamente, da quanto mi risulta ti risulti, sto in un misero cinque per cento. Una florida e talvolta felice minoranza di donne che non fanno figli perché non vogliono. E non perché non possono permetterselo, o perché sono sfiduciate, spente, nichiliste, sole, ciniche. Pensavo fossimo di più, ma non sottovaluterei il 5“.
Dopo questa introduzione e i primi contributi devo dire che non ero decisamente soddisfatta di quanto andavo leggendo. Poi piano piano hanno iniziato a venire fuori anche motivazioni che andavano oltre le banalità e le tesi quasi urlate perché chi urla più forte ha ragione.
Come dice Sciandivasci infatti «esiste, nel non fare figli, una ragionevolezza, una ricchezza, qualcosa che va ascoltato e osservato come il fenomeno socioculturale che forse è, e come l’altra faccia della natura umana che pure forse è». Lo dice ma, del suo contributo a me sono rimaste le parole della zia e quelle non mi possono bastare.
Ecco invece che il contributo della scrittrice messinese Nadia Terranova mi ha portato un pensiero diverso e cioè che «mettere al mondo un altro essere umano» implica l’atroce «possibilità di vederlo morire». Dev’essere davvero brutto avere interiorizzato questa visione. È contro natura che un genitore pensi di veder morire un figlio. Come ebbe a scrivere Alcide Cervi, padre dei sette fratelli fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943, un genitore pensa che lui morirà, che il mondo morirà ma mai può pensare che i suoi figli moriranno prima di lui. 
Dunque leggere questo contributo mi ha dato davvero modo di riflettere su questa visione e come questo anche altri che hanno superato  l’affermazione del proprio punto di vista puro e semplice.
Sono d'accordissimo che una donna possa sentirsi completa senza un compagno e senza figli. Ma leggere solo un'affermazione di questo tipo mi dà poco in termini di crescita personale. 
Ho apprezzato anche i contributi dei pochi padri intervenuti anche se ne ho trovato uno particolarmente filosofeggiante, intendo troppo costruito e arzigogolato. Credo fermamente che il linguaggio che si usa quando ci si rivolge a un pubblico vasto debba essere molto chiaro e semplice per dar modo a tutti di ben comprendere ciò che si vuole comunicare.
Essendo composto da contributi di giornalisti e scrittori il libro non poteva che essere ben scritto. Assegno però solo tre stelle, che costituiscono comunque una sufficienza piena, perché l’argomento è stato trattato non con la profondità che secondo la mia modesta opinione avrebbe meritato. Forse, per altri, questo potrebbe essere un pregio del libro che altrimenti avrebbe potuto diventare un mattone. Quindi vi auguro buona lettura comunque voi la pensiate.


Recensione di

2 commenti:

  1. Tema interessante, ma il libro temo non faccia per me; grazie per la recensione

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  2. Poteva essere interessante ma come dici tu così non lascia niente. Non è una questione d'argomento in sé ma di come viene presentato e trattato l'argomento. Così non c'è un analisi vera, solo persone che dicono la propria opinione che è assolutamente lecito ma forse per scrivere un libro ci vuole qualcosa di più. Io, personalmente, penso che ognuno possa vivere come preferisce facendo ciò che lo rende felice ❤️

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