mercoledì 11 settembre 2024

Recensione - "Ricordatemi come vi pare" di Michela Murgia

Titolo:
Ricordatemi come vi pare
Autore: Michela Murgia
Genere: Autobiografia
Pagine: 324
Editore: Mondadori
Data di uscita: 30 aprile 2024

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La viva voce dell’intellettuale più lucida e appassionata del nostro tempo torna a visitarci per una formidabile resa dei conti sul potere, il femminismo, la fede, la letteratura. Ma soprattutto sulle dieci vite che ha vissuto con incantata sfacciataggine, senza paura, ripercorse oralmente nell’unica autobiografia organica possibile per una che ha attraversato il mondo correndo scalza, bruciando luminosamente ogni tappa. Alla vigilia di una morte che l’ha vista gioiosa come una martire capace di cantare mentre avanza verso i leoni, Michela Murgia ha trascorso una settimana a raccontarsi a Beppe Cottafavi, suo editor e amico. Le registrazioni di quella sua ultima estate, ancora piena di storie come lo erano state le cinquanta precedenti, danno sostanza a questo suo libro straordinario, arricchito da quattro splendidi racconti ritrovati e da altri testi perduti che l’autrice ha scelto e indicato tra un ricordo e l’altro. Da un simile stagno brulicante di vita, come quello sulle cui rive è cresciuta, affiora un arcipelago di dettagli intimi: innamoramenti e parentele queer, matriarche oristanesi che sgranano rosari di cinque colori per salvare ogni continente, madonne con la parrucca, uomini violenti e maestri sognanti, lezioni di lingua sarda e cultura coreana, di esegesi biblica e di scrittura magica, di politica attiva e di militanza culturale. Franca e visionaria, antifascista e immune dai compromessi, Murgia ci rivela com’è che una ragazza di provincia, addestrata a leggere il Vangelo e ad accontentarsi di sopravvivere, si sia messa in testa di cambiare il mondo invece, affidandosi a un’irriducibile aspirazione alla felicità.
Leggere due libri in fila di Michela Murgia, a un anno dalla sua scomparsa, mi ha messo una grande nostalgia per la fine intellettuale che abbiamo perso. Questo libro è lei. Il suo linguaggio pulito, diretto, garbato e dannatamente colto. L’ho sempre invidiata per quel suo eloquio. A me di fronte a certe domande provocatorie la risposta viene il giorno dopo, lei no. Era sempre pronta a spiegare i motivi del suo pensiero in modo straordinariamente semplice. Mi capitava a volte di provare pena per certi suoi interlocutori, e mi chiedevo se si rendessero conto della figura che stavano facendo di fronte a lei che sembrava banalizzare ogni loro osservazione.
Considero questo testo un grande regalo che Michela Murgia ha voluto fare a tuti coloro che l’hanno conosciuta e amata per la sua onestà intellettuale e per il suo stile di scrittura.

Ha ripercorso la sua vita, mettendosi completamente a nudo, per spiegare come e perché è arrivata a scrivere i libri che ha scritto e a fare le scelte che ha fatto.
Una delle prime frasi che mi hanno colpito è:
“Non è vero che il mondo è brutto, dipende da quale mondo ti fai”.
Detto praticamente in punto di morte la trovo una affermazione potentissima.
Lei aveva un rapporto incredibile con la sua malattia al punto da essere arrabbiata con i suoi famigliari che non accettavano il fatto che lei stesse morendo mentre lei riteneva molto più interessante la questione della morte di quella della vita e sosteneva:
“Combattiamo con la negazione, ma allo stesso tempo è fecondissimo questo concetto: andare via così come si è, per restare come si è sempre voluti essere.
Insomma, non penso che morirò.”
Ed io ne sono convinta. Basta leggere qualche pagina e ci sembrerà di averla seduta accanto a raccontarci le mille cose che ha fatto.

C’è tanta Sardegna in questo libro, e non poteva non esserci dato che lì ha le sue radici culturali. Ho adorato i suoi racconti sulle donne sarde e i loro ruoli sociali. In particolare di quelle che “facevano quello che andava fatto”. E ho riso molto leggendo i modi di dire sardi che ha voluto farci conoscere.
Rileggere le sue idee sul femminismo, sul patriarcato, sulla violenza in famiglia e di genere nei suoi vari modi di manifestarsi è stato molto interessante. Il suo non tacere di fronte a tali eventi, come fece con Bruno Vespa me l’ha fatta amare ancora di più.

Altra frase da incidere nella pietra è: “Ciascuno cresce soltanto se è sognato”.
Un verso di Danilo Dolci che per lei è diventato una frase guida perché “Abbiamo bisogno di immaginarci nel futuro, ma anche di essere immaginati dagli altri.”
E poi ci racconta della sua famiglia di origine e di quella che si è creata, e ne spiega i punti di contatto e di divergenza.
“I rapporti cambiano e si invertono. Dentro la mia famiglia di scelta tutto è cambiato, i ruoli ruotano. Nella famiglia tradizionale questo non avviene, perché è il sangue a determinarli. Un padre è un padre sempre. E a volte questa cosa è un ergastolo. Sia per il padre che per i figli.”
E poi il suo incontro con i giochi di ruolo online. Da lì inizia il suo amore per la scrittura che porta avanti nel blog e poi sulla carta. E poi mille altre cose che permettono di ragionare su molti temi alla luce delle sue opinioni che per me sono molto illuminanti. Conosco molti uomini che la criticano aspramente e davvero mi è capitato di chiedermi se l’abbiano mai ascoltata, o letta, veramente.
Adesso che ho finito questo libro devo dire che mi sento un po’ più sola e, credo, che andrò a recuperare i suoi libri che ancora non ho letto per sentirla ancora qui vicina.
Assegno quattro belle stelle e ve ne consiglio caldamente la lettura.

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