giovedì 21 settembre 2023

Recensione - "Maledetta sfortuna. Vedere, riconoscere e rifiutare la violenza di genere" di Carlotta Vagnoli

Titolo:
 Maledetta sfortuna
Autore: Carlotta Vagnoli
Genere: Saggio
Pagine: 192
Editore: Fabbri
Data di uscita: 14 settembre 2021

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Di cosa parliamo quando usiamo l'epressione “violenza di genere”? Come nasce? Quali sono i primi campanelli d'allarme? Che cosa accomuna il catcalling al femminicidio? È tempo di fare chiarezza su un argomento che ci tocca tutti quanti, ma di cui si fa spesso fatica a parlare nei termini giusti: se ne fa carico Carlotta Vagnoli, giornalista, sex columnist, femminista, attivista, da anni punto di riferimento proprio sui temi della violenza di genere. Vagnoli sviscera il discorso affrontandolo a trecentosessanta gradi, parlando di revenge porn e di linguaggio dell'odio, di victim blaming e mezzi di comunicazione, di pregiudizi e luoghi comuni, di educazione e ruoli, di vittime e carnefici. E facendolo ci sprona a muovere un passo fuori dal branco e a diffondere la disciplina del consenso, aprendo la discussione sugli scenari futuri del rapporto tra uomo e donna, con la speranza in una società libera finalmente dagli stereotipi di genere.

L’ABC per approfondire la tematica della violenza di genere potrebbe essere proprio questo libro. Vagnoli ne parla con estrema chiarezza: ne illustra le basi e ne spiega i termini chiave. Leggere questo saggio permette, quindi, di addentrarsi nell’argomento che le cronache rendono fin troppo attuale. La violenza di genere non è un fenomeno emergenziale ma culturale, checché ne dica l’avvocato Bernardini de Pace per la quale si tratta solo di una mala gestione della violenza insita nell’essere umano. Vagnoli lo mostra coi fatti. 
Esistono chat di Telegram basate sulla cultura dello stupro alle quali risultano iscritti oltre sei milioni di maschi che si scambiano foto e video intimi, ovviamente senza il consenso delle donne riprese, bè…sei milioni indica un movimento culturale senza ombra di dubbio.
Un movimento culturale che ha un linguaggio proprio, che purtroppo è pervasivo e, troppo spesso, viene utilizzato inconsapevolmente anche da chi non lo vorrebbe fare. Ma emerge spontaneo perché si è sentito talmente tante volte da essere stato normalizzato nei nostri circuiti neuronali.
Serve attenzione. Tanta attenzione. Per non cadere nei tranelli del “lo fanno tutti”, “è solo una parola”. Anche le parole fanno male. Si comincia dalle parole. Poi si allunga la mano. E se ti ribelli ti senti dire che “te la tiri”, che “siamo cresciute con i maschi che ci fischiavano dietro”, “che sarà mai una pacca nel sedere”. E si va avanti col processo di normalizzazione, senza tener conto che poi si passa al gradino successivo.
E di gradino in gradino si arriva al vertice della piramide che prevede la soppressione della donna che non è più disposta ad accettare di essere la proprietà di qualcuno.

Vagnoli affronta con dovizia di particolari anche il tema del consenso. Verrebbe da dire “il consenso, questo sconosciuto”. Servirebbe un'educazione all’empatia, al rispetto e al consenso fin da piccolissimi. Prima nelle famiglie e poi nelle scuole di ogni ordine e grado. E, a proposito di scuole, l’autrice raccomanda di scegliere con cura i testi onde evitare che i bambini si trovino a leggere frasi tipo:

“Cancella il verbo non adatto al soggetto. La Mamma

a. Cucina
b. Stira
c. Tramonta”

“Angelica litiga spesso col marito, come può evitarlo?

a. Passando più tempo in cucina
b. Vestendosi più sexy”

“Mamma va in posta di corsa, di corsa al mercato, saltella in palestra, lavora in ufficio e poi va all’incontro con la mia maestra. Insieme alle amiche si beve il tè.

a. Fa tante cose, ma non sta con suo figlio
b. Trova il tempo per sé e per gli altri
c. Riesce a fare tante cose perché non lavora.”

Fin dai primi anni di scuola ai bambini viene così spiegato quale sia il ruolo della donna in casa e a quali giudizi possano andare incontro i suoi comportamenti. È subdola la cultura patriarcale, si insinua in tutte le piccole cose della quotidianità normalizzando concetti, giudizi e stereotipi che portano a comportamenti e a correnti di pensiero per i quali sono normali il maschio che domina e dimostra con linguaggio e azioni incentrati sul sesso la sua potenza e la femmina che accetta tutto perché, si sa che “l’uomo è fatto così”.
Vagnoli non tralascia di ricordare che gli stessi stereotipi e comportamenti vengono subiti anche da molti appartenenti alla comunità LGBTQ+ e dà una panoramica molto ampia del fenomeno.

Assegno quattro stelle a questo libro, ben scritto e utile anche per il glossario alla fine e per l’elenco dei Centri Antiviolenza operanti in Italia. Di questi l’autrice spiega il funzionamento e fornisce anche sommarie indicazioni sui comportamenti da tenere per le survivors.
Quindi certamente non è un libro da leggere per svagarsi ma, senz’altro, per chiarirsi le idee su un argomento ancora lontano dall’essere ben compreso anche da molti giovani, purtroppo. Capita infatti che, chi esercita la violenza non si renda conto che si tratti di un comportamento che costituisce reato, e che chi la subisce creda di doverla accettare come una sorta di comportamento dovuto per essere parte del gruppo o per essere considerata adulta. C’è tanto da lavorare e, in primis, bisogna parlarne tanto e creare una cultura alternativa a quella dello stupro. Una cultura del rispetto.
Buona lettura.

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