Autore: Bruno Maida
Genere: Saggio
Pagine: 361
Editore: Einaudi
Data di uscita: 27 ottobre 2020
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Trattasi di un signor saggio. Pienissimo di date, dati e
informazioni su un tema davvero poco noto, almeno per me. Ora non vorrei
scoraggiarne la lettura perché è veramente interessante; chi lo leggesse a
scopo puramente informativo non avrà che da saltare le parti più tecniche e
piene di numeri, come ho fatto io. Ma sicuramente non si resta delusi da questa
lettura. Se poi avete la fortuna di poter partecipare a una presentazione del
libro non perdetevela perché Maida è davvero un appassionato della materia e ne
parla con tanta cognizione di causa ed entusiasmo da coinvolgere tutti i
presenti.
Mi è piaciuta davvero molto la frase con cui ha scelto di
introdurre il libro:
“Ho ritenuto sempre del tutto ovvio il principio che lo storico si occupa del passato per rispondere alle domande che si pone nel presente”.
Mi ha fatto pensare che non si trattasse di uno studioso
immerso nei suoi libri e avulso dalla realtà. E infatti è questa l’impressione
che mi ha fatto anche sentendolo raccontare le vicende di cui ha scritto.
E dunque Maida ha scritto questo libro per parlare della
bella politica anche se si chiedeva:
<“Come faccio a raccontare che la politica è bella?” In un
tempo, ormai lungo, in cui “fare politica” è diventato un aspetto residuale
all’interno del sistema valoriale della società, un tempo in cui nella politica
sembrano addensarsi tutti i vizi e assai poche virtù, in cui si assume per
perduto il significato di un agire per un interesse e bene collettivi, e al
contrario si dà per scontata una teleologia dell’egoismo e dell’interesse
privato: ecco, in un desolante panorama di sfiducia e ripiegamento
individualista, è essenziale ritrovare radici comunitarie, solidaristiche e
politiche.>
In particolare questo autore è interessato a quel che succede
ai bambini in determinati momenti storici tragici e cosa è più tragico per i
bambini che trovarsi a vivere sotto i bombardamenti? Parlare di questo, tema
ancora purtroppo molto attuale, porta ad affrontarne altri come povertà,
miseria (che non sono la stessa cosa e nel libro è ben spiegato), assistenza,
accoglienza, solidarietà.
Maida ci racconta di bambini che, nell’immediato dopoguerra,
si trovano a sopravvivere, se riescono, tra miseria, fame, malaria (in alcune
zone come a Cassino) e il pericolo continuo di saltare in aria pestando
accidentalmente qualche ordigno dimenticato. Con l’inverno che si avvicina la
situazione si fa sempre più drammatica ed ecco che il Partito Comunista affida
alle compagne (ritenute più adatte, e qua si aprirebbe un altro discorso ma non
voglio distogliere l’attenzione dal tema centrale) l’organizzazione di questi
Treni dell’accoglienza che avrebbero spostato migliaia di
bambini da situazioni di estrema miseria a situazioni meno drammatiche in altre
regioni. Nei paesi che accoglievano questi ragazzini si sviluppava una forte
solidarietà nei loro confronti. C’era chi li prendeva in casa, e non si
trattava delle case dei ricchi, perché non era una questione di mezzi ma di
mentalità. C’erano i sarti che gli cucivano vestitini, calzolai che fornivano
scarpe, i comuni che gli davano il materiale per andare a scuola.
In alcuni casi anche parroci ospitarono bambini nelle loro
canoniche e collaborarono a queste iniziative, molti invece furono quelli che
lanciarono fango sul partito mettendo in testa ai fedeli che i bambini
sarebbero stati portati in Russia e ne sarebbe stato fatto sapone. Ecco questa
parte mi ha fatto molto arrabbiare perché quando l’ideologia non serve fare il
bene mi fa pensare che ci sia del marcio.
Altra cosa molto bella è che Maida, appassionato di cinema,
inserisce molti riferimenti a film e documentari che ben hanno rappresentato
questo o quel momento storico.
Buona lettura.
Grazie mille per il suggerimento di lettura.
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