lunedì 20 gennaio 2025

Recensione - "I treni dell’accoglienza" di Bruno Maida

Titolo:
I treni dell’accoglienza
Autore: Bruno Maida
Genere: Saggio
Pagine: 361
Editore: Einaudi
Data di uscita: 27 ottobre 2020

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Tra il 1945 e il 1948 l'Unione donne italiane e il Partito comunista organizzano un trasferimento di massa di decine di migliaia di bambini provenienti da famiglie povere di diverse parti d'Italia, prima da Milano e Torino, poi in gran parte dal Mezzogiorno, portandoli in zone dove le condizioni di vita sono relativamente migliori. L'Emilia-Romagna è l'area che ne accoglie il maggior numero, ma è coinvolta buona parte delle regioni italiane. L'operazione è pensata per consentire all'infanzia povera di affrontare i mesi invernali, i più difficili per le condizioni alimentari e climatiche. Spesso però i bambini si fermano per periodi più lunghi, a volte tornano negli anni successivi e alcuni decidono di restare con le famiglie che li hanno accolti. Questi treni, chiamati «treni della felicità», sono il simbolo di una complessa operazione di assistenza all'infanzia nella quale, nei primi anni del dopoguerra, è impegnato un gran numero di organizzazioni nazionali e internazionali, partiti, sindacati, enti pubblici e privati, laici e confessionali. È un crocevia nella storia di solidarismo dell'Italia novecentesca ma è al contempo il luogo in cui si intrecciano quattro significative questioni che segnano il secondo dopoguerra: la povertà come categoria economico-sociale; le politiche di assistenza per l'infanzia; il protagonismo femminile in una difficile lotta tra passato e presente; e le modalità con cui il Partito comunista traduce nella società il suo progetto di partito nuovo e nazionale.

Trattasi di un signor saggio. Pienissimo di date, dati e informazioni su un tema davvero poco noto, almeno per me. Ora non vorrei scoraggiarne la lettura perché è veramente interessante; chi lo leggesse a scopo puramente informativo non avrà che da saltare le parti più tecniche e piene di numeri, come ho fatto io. Ma sicuramente non si resta delusi da questa lettura. Se poi avete la fortuna di poter partecipare a una presentazione del libro non perdetevela perché Maida è davvero un appassionato della materia e ne parla con tanta cognizione di causa ed entusiasmo da coinvolgere tutti i presenti.

Mi è piaciuta davvero molto la frase con cui ha scelto di introdurre il libro:

“Ho ritenuto sempre del tutto ovvio il principio che lo storico si occupa del passato per rispondere alle domande che si pone nel presente”.

Mi ha fatto pensare che non si trattasse di uno studioso immerso nei suoi libri e avulso dalla realtà. E infatti è questa l’impressione che mi ha fatto anche sentendolo raccontare le vicende di cui ha scritto.

E dunque Maida ha scritto questo libro per parlare della bella politica anche se si chiedeva:

<“Come faccio a raccontare che la politica è bella?” In un tempo, ormai lungo, in cui “fare politica” è diventato un aspetto residuale all’interno del sistema valoriale della società, un tempo in cui nella politica sembrano addensarsi tutti i vizi e assai poche virtù, in cui si assume per perduto il significato di un agire per un interesse e bene collettivi, e al contrario si dà per scontata una teleologia dell’egoismo e dell’interesse privato: ecco, in un desolante panorama di sfiducia e ripiegamento individualista, è essenziale ritrovare radici comunitarie, solidaristiche e politiche.>

In particolare questo autore è interessato a quel che succede ai bambini in determinati momenti storici tragici e cosa è più tragico per i bambini che trovarsi a vivere sotto i bombardamenti? Parlare di questo, tema ancora purtroppo molto attuale, porta ad affrontarne altri come povertà, miseria (che non sono la stessa cosa e nel libro è ben spiegato), assistenza, accoglienza, solidarietà.

Maida ci racconta di bambini che, nell’immediato dopoguerra, si trovano a sopravvivere, se riescono, tra miseria, fame, malaria (in alcune zone come a Cassino) e il pericolo continuo di saltare in aria pestando accidentalmente qualche ordigno dimenticato. Con l’inverno che si avvicina la situazione si fa sempre più drammatica ed ecco che il Partito Comunista affida alle compagne (ritenute più adatte, e qua si aprirebbe un altro discorso ma non voglio distogliere l’attenzione dal tema centrale) l’organizzazione di questi Treni dell’accoglienza che avrebbero spostato migliaia di bambini da situazioni di estrema miseria a situazioni meno drammatiche in altre regioni. Nei paesi che accoglievano questi ragazzini si sviluppava una forte solidarietà nei loro confronti. C’era chi li prendeva in casa, e non si trattava delle case dei ricchi, perché non era una questione di mezzi ma di mentalità. C’erano i sarti che gli cucivano vestitini, calzolai che fornivano scarpe, i comuni che gli davano il materiale per andare a scuola.

In alcuni casi anche parroci ospitarono bambini nelle loro canoniche e collaborarono a queste iniziative, molti invece furono quelli che lanciarono fango sul partito mettendo in testa ai fedeli che i bambini sarebbero stati portati in Russia e ne sarebbe stato fatto sapone. Ecco questa parte mi ha fatto molto arrabbiare perché quando l’ideologia non serve fare il bene mi fa pensare che ci sia del marcio.

Altra cosa molto bella è che Maida, appassionato di cinema, inserisce molti riferimenti a film e documentari che ben hanno rappresentato questo o quel momento storico.

Il libro è davvero ben scritto, l’argomento molto interessante, se devo trovare un difetto è il carattere di stampa piccolino ma sono riuscita a leggerlo tutto comunque. Assegno cinque stelle e vi raccomando la lettura di questo saggio, che vi permetterà, nel bene e nel male, di conoscere un altro aspetto di quel particolare momento storico del nostro Paese.
Buona lettura.


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