mercoledì 24 aprile 2024

Recensione - "Adolescenza in bilico" di Giorgio Nardone

Titolo:
Adolescenza in bilico
Autore: Giorgio Nardone
Genere: Saggio
Pagine: 368
Editore: Ponte alle Grazie
Data di uscita: 22 marzo 2024

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Gli adolescenti, le psicopatologie emergenti, le possibilità di cura Età già di per sé problematica, l'adolescenza attraversa oggi un periodo particolarmente ricco di sfide. I giovani, a cui spesso vengono a mancare i modelli rassicuranti che un tempo ne accompagnavano la crescita, devono fare i conti con un mondo dove il virtuale si sostituisce al reale, minandone le sicurezze e togliendo loro la possibilità di un confronto diretto con le sfide della vita; la recente pandemia non ha fatto che accrescere questo senso di incertezza. La risposta degli adolescenti può diventare allora disfunzionale, incarnandosi in una serie di disturbi che impattano fortemente non solo sulla loro vita, ma anche su quella delle loro famiglie. Che si tratti di disturbi ossessivo-compulsivi, disturbi dell'alimentazione, di comportamenti legati al bullismo o di fobia sociale, di dipendenze sotto varie forme, fino al caso estremo dei tentativi di suicidio, la terapia strategica ha sviluppato una serie di protocolli «a misura di adolescente» che si sono rivelati vincenti per accompagnare i ragazzi e le loro famiglie in questi frangenti. Dopo aver spiegato la natura dei disturbi e le loro manifestazioni, gli autori presentano i casi attraverso la viva voce dei protagonisti impegnati nel dialogo terapeutico, in un percorso in cui l'adolescente viene guidato a trovare in sé stesso gli strumenti della propria guarigione.

Il sottotitolo di questo libro “Come stanno gli adulti di domani. Le psicopatologie emergenti e la loro terapia in tempi brevi” spiega già il contenuto di questo libro.
Credo che l’argomento sia di interesse per chiunque si trovi, a qualsiasi titolo, a doversi relazionare con adolescenti. Lo credo dato anche i numerosi fatti di cronaca che negli ultimi anni riguardano proprio ragazzi che mostrano problemi di questo tipo. Difficoltà che la recente pandemia non ha fatto che esasperare ed evidenziare.
Ho accettato con entusiasmo la proposta di questa lettura perché la psicologia dell’età evolutiva è una delle mie passioni e poi perché Nardone e i suoi collaboratori hanno una esposizione semplice e chiarissima della materia. Infatti questo è un libro che tutti possono leggere in quanto non contiene paroloni astrusi o frasi arzigogolate e incomprensibili ai più. È una lettura non semplice per il contenuto, ma spiegata con un linguaggio naturale che la rende piacevole.

Questi adolescenti, che da sempre rappresentano il momento più complesso della sfida educativa che impegna i genitori e gli educatori, sono i giovani che, secondo l’OMS, attraversano un momento critico della vita.
“Il momento in cui le persone diventano individui indipendenti, creano nuove relazioni, sviluppano abilità sociali e apprendono comportamenti che durano il resto della loro vita.”
Freud definiva invece l’adolescenza come una “malattia fisiologica”. Da qualunque punto la si osservi sembra un qualcosa di complicato. Oggi sembra esserlo ancora più di un tempo in quanto la tecnologia che negli ultimi settant’anni ha fatto passi da gigante ha creato nuovi stimoli e nuovi strumenti che se non usati bene possono essere estremamente pericolosi.
Spesso gli adulti non ne sono consapevoli e non si rendono conto che un ragazzino con libero accesso alla rete corre gli stessi pericoli di un coetaneo abbandonato in un quartiere malfamato di una grande città, senza essere stato preparato a quello che si troverà davanti.
Ecco che fenomeni, già di per sé odiosi, quali il bullismo o lo stalking si trasformano in cyberbullismo o cyberstalking amplificando moltissimo l’impatto sulla vita delle vittime. E lo stesso dicasi per tutte le altre forme di violenza digitale che emergono e si sviluppano giorno per giorno e che coinvolgono sempre di più i giovani.

Se infatti l’adolescenza rappresenta, oggi come ieri, la fase della vita in cui l’individuo acquisisce le competenze e i requisiti per potersi assumere le responsabilità che competono agli adulti, due sono le cose che sono cambiate: la sua durata che oggi supera spesso i venticinque anni e il mondo nel quale i ragazzi la vivono, un mondo sempre più digitale e virtuale che tende a sostituirsi a quello reale.
Se a questo associamo l’evoluzione degli approcci educativi degli ultimi due o tre decenni che hanno visto una tendenza dei genitori a iperproteggere e a deresponsabilizzare i propri figli non sorprendono molti comportamenti dei giovani di oggi, costantemente in bilico tra fragilità e arroganza/aggressività, irresponsabilità e pretenziosità, vulnerabilità e violenza, disobbedienza e dipendenza.
Le competenze relazionali e sociali dei ragazzi non sono aiutate dalla comunicazione attraverso i vari canali di messaggistica che non permettono di imparare a decifrare i messaggi non verbali che completano il messaggio di qualsiasi conversazione. Gli strumenti verbali ed emozionali a disposizione dei ragazzi sono sempre meno. Minore è il numero di parole usato e la capacità di interpretare le proprie e le altrui emozioni. Sanno usare gli emoticon ma non leggere le emozioni sul viso delle persone con cui si rapportano. Questo rende sempre più complesso relazionarsi agli altri e, spesso, si preferisce restare chiusi nella propria stanza e vivere in modo virtuale.

Nardone e c. presentano i vari disturbi e raccontano brevemente alcuni trattamenti terapeutici rappresentando proprio il dialogo che intercorre tra loro e i giovani pazienti, accompagnati in genere dai genitori. Molto bello l’approccio che coinvolge anche padri e madri i quali si trovano spesso a dover modificare il loro modo di porsi nei confronti dei figli per renderli responsabili in prima persona di quello che stanno vivendo. Ho pensato, talora, che a leggere sembra tutto molto semplice e questo potrebbe creare illusioni in chi si riconosce nel caso trattato. È fondamentale che ci sia la volontà di tutta la famiglia coinvolta, ad accettare le indicazioni dei terapeuti per la buona riuscita della terapia anche quando sembrano strane. Deve crearsi un rapporto di completa fiducia se si vogliono ottenere buoni risultati. Solo alla fine Nardone e c. diranno la loro opinione su cosa sia l’adolescenza:
“Crediamo che <patologizzare> per definizione una fase cruciale della crescita dell’individuo, della costituzione della sua identità personale e dello sviluppo delle sue capacità sia non solo scorretto ma anche pericolosamente giustificatorio”.
Farlo non aiuta a trovare soluzioni per quei fenomeni patologici che si osservano negli adolescenti né a prevenirli. Anzi la patologizzazione della adolescenza non fa che favorire la giustificazione deresponsabilizzante di questi segni sia per il giovane che per la sua famiglia che per la società, come se si trattasse del “frutto inevitabile di eventi avversi di cui si può solo accettare l’inesorabilità”.
In tutti i percorsi presentati i terapeuti non vanno a sostituirsi al paziente o alla sua famiglia, ma li guidano a scoprire le loro risorse e ad usarle per affrontare e superare i disagi e le problematiche nelle quali si trovano invischiati.

Quello che gli autori ci raccomandano di non dimenticare mai è che “l’adolescenza, con tutti i suoi naturali contrasti, rappresenta il periodo di massima intensità percettiva nella vita di una persona, e per questo aspetto psicofisiologico è la fase delle sensazioni ed emozioni più forti, che per loro natura possono esaltare, appassionare e far gioire tanto quanto possono deprimere, ferire e abbattere”.
L’adolescente, come direbbe Henri Bergson, deve imparare a gestire e orientare la sua spinta vitale per non esserne travolto. L’adulto, d’altro canto, dovrebbe cercare di conservare questa stessa spinta “per poter continuare a entusiasmarsi del bello e accettare senza deprimersi il brutto che la vita può riservarci.”

Sarebbe davvero opportuno che diventando adulti non ci dimenticassimo mai del bambino e dell’adolescente che siamo stati per poter vivere in pienezza mettendo tutto ciò che siamo in tutto ciò che facciamo. (Cit. Ferdinando Pessoa)
 
Che dire, ho apprezzato davvero tanto questo saggio e l’ho trovato molto utile. Credo anche che lo rileggerò per fare mie alcune tecniche che mi sembrano molto ben mirate.
Vi consiglio assolutamente di leggerlo e assegno cinque belle stelle. Buona lettura.


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