lunedì 15 aprile 2024

Recensione - "Cara Giulia" di Gino Cecchettin con Marco Franzoso

Titolo:
Cara Giulia
Autore: Gino Cecchettin con Marco Franzoso
Genere: Biografia
Pagine: 160
Editore: Rizzoli
Data di uscita: 5 marzo 2024

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Le parole di un padre che ha scelto di non restare in silenzio. Un appello potente alle famiglie, alle scuole e alle istituzioni. Il libro è parte di un progetto più ampio a sostegno delle vittime di violenza di genere. Dal giorno dei funerali della figlia Giulia, Gino Cecchettin ha scelto di condividere il proprio dolore cercando di affrontarlo e renderlo costruttivo perché possa essere di aiuto alle giovani e ai giovani del nostro Paese. In questo libro, attraverso la storia di Giulia, si interroga sulle radici profonde della cultura patriarcale della nostra società. «Tu in questi giorni sei diventata un simbolo pubblico», scrive Gino Cecchettin alla figlia Giulia e a quanti vorranno ascoltare le sue sofferte parole di impegno, di consapevolezza e di coraggio. «Sei la mia Giulia e sarai per sempre la mia Giulia. Ma non sei più solo questo. Tu dopo quanto è successo sei anche la Giulia di tutti, quella che sta parlando a tutti. E io sento forte il dovere di manifestare al mondo che persona eri e, soprattutto, di cercare attraverso questo di fare in modo che altre persone si pongano le mie stesse domande».

Giulia mi guarda sorridente dalla copertina di questo libro che è minuto e semplice com’era lei, almeno per come l’abbiamo potuta conoscere.

Giulia, forse perché aveva questa immagine di brava ragazza, carina, solare, mai sfacciata come quelle che “se la vanno a cercare” è diventata il simbolo dei femminicidi del 2023. Una tra le 120, che è rimasta nei cuori di tutti. È diventata la figlia di tutti, come scrive anche suo padre in questo libro. La sua uccisione ha mosso le coscienze e ben lo sa chi opera nei centri antiviolenza. Soprattutto in provincia di Padova ci fu un’impennata nelle richieste di aiuto. Alcune ragazze hanno iniziato a chiedersi se la relazione che stavano vivendo era tranquilla o potenzialmente pericolosa. E anche alcuni genitori si sono sentiti in diritto di intervenire per tutelare le proprie figlie, anche mettendosi in conflitto con loro.

Bene o male, lo si voglia o no, questo caso ha fatto nascere delle domande, ha creato scompiglio, ha fatto rumore. E proprio per questo il padre ha provato con questo libro a mantenere alta l’attenzione, a far sì che passato il momento non cadesse tutto nel dimenticatoio.

Nel farlo si è attirato addosso l’odio dei social e di tutti quelli che detengono il potere di decidere come le persone devono manifestare il proprio dolore.

Personalmente fin dalla prima volta che ho visto questo padre nei vari servizi televisivi nei quali sembrava sempre molto calmo, l’ho apprezzato per la sua compostezza. Non mi piacciono le sceneggiate e lui non ne ha mai fatte, anche quando si è lasciato andare al pianto, raramente, lo ha sempre fatto in modo estremamente dignitoso.

E nel libro spiega il perché. Voleva mostrarsi forte per i figli. Quelli che gli restavano. Voleva essere per loro la roccia a cui aggrapparsi.

In questo libro si mette a nudo, rischiando di attirarsi l’odio dei pochi che non lo hanno ancora insultato raccontando come ha affrontato il lutto della moglie solo un anno prima di perdere anche Giulia.

Lo fa con estrema semplicità e razionalità, com’è lui. L’obiettivo è quello di andare avanti come famiglia unita e affiatata e per farlo tutti devono star bene, anche lui. Nel libro non scrive mai il nome del ragazzo che ha ucciso Giulia, lo definisce il “tuo ex” e mai, nemmeno una volta, ha parole dure nei suoi confronti.

Però lo dice con chiarezza: se un ragazzo si comporta così è chiaro che il suo background culturale era sbagliato. Non era pronto ad accettare che la ragazza di cui si definiva innamorato andasse avanti senza di lui, facesse scelte che non lo coinvolgevano, volesse vivere la vita a modo suo. E questa come vogliamo chiamarla? Quando sua figlia Elena è stata attaccata in maniera vergognosa sui social anche da un importante politico locale per la sua affermazione che tutti gli uomini dovevano sentirsi colpevoli per quanto successo a Giulia, forse intendeva che in tutti gli uomini è stato instillato il seme della cultura patriarcale della quale siamo tutti ancora impregnati. Allora è fondamentale da parte di tutti, ma degli uomini in particolare in quanto sono loro che ammazzano le donne, una attenzione a che questo seme non germogli e non sviluppi in una solida pianta. Certo un duro attacco sui social è meno faticoso e impegnativo di guardarsi dentro e vedere come stiamo a stereotipi di genere e quant’altro.

Gino Cecchettin si dichiara ateo ma non ha alcun problema a raccontare di come Don G. abbia saputo essergli vicino e mostrargli, più che raccontargli, come avrebbe dovuto affrontare l’immenso dolore della perdita della figlia. Questa parte del libro è forse la mia preferita perché due mondi diversi si incontrano con il massimo rispetto uno dell’altro e ne escono rafforzati. E così dovrebbe essere sempre.

Mi accorgo che, mentre scrivo, ogni tanto la mano sinistra si appoggia alla copertina del libro, quasi in una carezza e contemporaneamente gli occhi mi si riempiono di lacrime che cerco di ricacciare indietro. Mi sono ripromessa di non piangere leggendolo, e non l’ho fatto, e non voglio farlo nemmeno ora.

Mi ha colpito il racconto di questo padre che si dispera perché non ricorda cos’ha preparato per l’ultimo pranzo fatto con Giulia e Davide, né le ultime parole che Giulia gli ha rivolto. Se avesse saputo che erano le ultime cose che si sarebbero detti ci avrebbe prestato più attenzione, dice. Ma non era possibile saperlo, anzi era impensabile solo ipotizzarlo.

È un piccolo libro pieno di amore questo dedicato a Giulia e fa parte di un progetto più ampio di sostegno alla violenza di genere. So che molti pensano che se ne parli fin troppo ma se quando vai in una scuola e un ragazzo di 16 anni ti dice che secondo lui non esiste la violenza di genere perché le donne oggi vanno anche a votare, bhè, io credo che sia importante continuare a parlarne. E i toni pacati di Gino Cecchettin sono quelli giusti. La strada è ancora lunga ma insieme si può affrontarla.

Qualcuno ha definito questo libro un prodotto ben confezionato e messo sul mercato giusto giusto per la giornata internazionale della donna. Mi chiedo se, oltre a guardare la data di uscita del libro lo abbiano pure letto. Che la casa editrice abbia programmato l’uscita ci sta, ma i contenuti ci sono e la necessità di continuare a parlarne è davvero tanta perché le donne che continuano ad essere ammazzate dalla cultura patriarcale sono ancora troppe.

È un libro scritto molto bene e credo si dovrebbe proprio leggere tutti, genitori e figli, e magari poi confrontarsi seduti attorno al tavolo.

Assegno cinque stelle, perché mi ha regalato tanta emozione e vi auguro buona lettura.


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2 commenti:

  1. Avrei potuto leggerlo tutto di un fiato, ma volutamente mi sono preso alcuni giorni, anche facendo qualche pausa, per meglio entrare in empatia con l'autore.

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