martedì 27 giugno 2023

Recensione - "I giorni della libertà. Storie di chi ha combattuto per l’Italia" di Alessandro Milan

Titolo: 
 I giorni della libertà
Autore: Alessandro Milan
Genere: Narrativa
Pagine: 288
Editore: Mondadori
Data di uscita: 17 gennaio 2023

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Tutto inizia con una pietra d'inciampo vicino casa. Alessandro Milan la scorge in un giorno di ottobre, quasi per caso. Riporta il nome di Angelo Aglieri, impiegato del «Corriere della Sera», arrestato nel maggio 1944 con l'accusa di aver introdotto in redazione una bomba a mano, poi condotto al carcere di San Vittore e da qui deportato al campo di Fossoli. Determinato a ricostruirne la storia, Milan inizia la sua ricerca. A quella vicenda però se ne intrecciano presto molte altre: la storia di chi allora era soltanto un ragazzino, come Sergio Temolo, e perse il padre per mano fascista il 10 agosto 1944 nell'eccidio di piazzale Loreto, o di chi mise a disposizione il proprio coraggio, come Carmela Fiorili, portinaia del palazzo in viale Monza 23 – noto come il «Casermone» –, staffetta partigiana insieme alla figlia, Francesca, e per mesi punto di riferimento sicuro per la resistenza meneghina. Il risultato è un grande affresco di uomini e donne che, pur non conoscendosi, si trovano legati da un filo invisibile, protagonisti e testimoni della Storia. Le loro vite si sfiorarono tra le strade dello stesso quartiere, della stessa città, Milano, sempre più devastata dai bombardamenti e dalle macerie. Quello di Milan è il racconto di una pagina della resistenza milanese, ma anche un racconto universale che, con accuratezza storica e un brillante passo narrativo, restituisce un pezzo di storia del nostro Paese. Un racconto che parte da Milano e si dipana nel resto d'Italia, dal campo di prigionia di Fossoli a Riva del Garda fino alle campagne vicentine di Arzignano. Un racconto che parla di noi, del nostro passato e del nostro presente.
Non è il primo libro che leggo di questo autore. I precedenti due, “Mi vivi dentro” e “Due milioni di baci”, mi hanno catturata emotivamente fin dalla prima parola. Sono arrivata a pensare che se fossi stata un uomo avrei reagito proprio come lui trovandomi nella stessa situazione. Si è creato un legame con questo autore e così, visto che in questo periodo mi sono occupata di Resistenza e l’argomento mi ha molto interessata, ho deciso di leggere questo suo nuovo lavoro. Confesso che all’inizio il fatto che raccontasse la storia di altri e non più la sua e della sua famiglia mi ha un pochino spiazzata, ma sono bastate davvero poche pagine per ritrovarmi immersa nella resistenza milanese che andavo leggendo. I personaggi erano descritti così dettagliatamente che davvero sentivo su di me tutte le loro vicissitudini. 
Andavo a rubare la cioccolata finta col piccolo Sergio, facevo la staffetta con la giovane Francesca o controllavo il via vai della gente con Carmela. Accompagnavo Libero da Nino o in fabbrica e ripensavo a quando mio padre distribuiva l’Unità come faceva anche lui. O mi portava in sezione come lui si portava Sergio. Ma erano anni diversi e per noi non c’era il rischio di essere arrestati e deportati. E così per tutti i personaggi.

Milan riesce a descrivere i luoghi e le situazioni in un modo che trovo a dir poco empatico. Quindi quando inizierete la lettura di questo libro preparatevi a sentire la fame che vi farà apprezzare anche un pugno di fagioli in una pentola di minestra. E la paura che schiaccerà i vostri polmoni impedendovi di respirare di fronte al massacro dei 15 prigionieri di Piazzale Loreto. La rabbia di fronte alla cattiveria gratuita. Il dolore impotente per i prigionieri nel limbo di Fossoli e Bolzano. Lo sgomento di un viaggio, in condizioni bestiali,che porta in luoghi altrettanto bestiali. Anche se nello scrivere “bestiali” penso che in realtà gli animali non sono capaci di agire una violenza tanto feroce quanto assurda.
L’uomo sì. L’uomo è l’unico essere vivente che uccide un suo simile perché qualcuno gli ordina di farlo. E non sono bastate due guerre mondiali, con tutto quello che hanno comportato, che ancora oggi nel 2023 le guerre in atto nel mondo sono un numero esagerato. Diceva Primo Levi che “se comprendere è impossibile conoscere è necessario”. Ma ai grandi che dai loro rifugi sicuri mandano il popolo a morire, evidentemente, non interessa nulla.
Mi piace citare un passo di questo libro. Le riflessioni di Sergio alla fine della guerra:
“Poi è arrivato il 25 aprile, la Liberazione. Ero triste, mi sentivo profondamente solo. Vedevo attorno a me rabbia, troppa rabbia. E io che l’avevo provata, intensa, profonda, avevo capito che non serviva, non era utile.”
La rabbia è spesso una cattiva consigliera, anche se non sorprende che ce ne fosse così tanta.
Sergio però non ha permesso che la rabbia si trasformasse in rancore e straziasse la sua vita più di quanto il destino non avesse già fatto. Ha scelto di guardare avanti conservando gelosamente i valori che il padre, che tanto amava, gli aveva trasmesso.
E sono convinta che anche Angelo Aglieri avrebbe fatto altrettanto se fosse riuscito a tornare dal campo di sterminio. Lui che era cresciuto credendo in valori quali l’operosità brianzola e l’attaccamento alla famiglia. Lui che pur entusiasta dell’assunzione al Corriere della Sera non ha pensato di appartenere alla borghesia ma ha conservato la sua ambizione: vivere di arte, musica, lettura e scrittura. (E questa è la frase del libro che mi piace pensare sia stata scritta per me, anche se non ci ho mai creduto davvero).
Il povero Angelo che viene tradito da qualcuno cui voleva bene. Qualcuno che non si è pentito nemmeno dopo aver saputo della sua morte e ha, anzi, mostrato quanto può essere miserabile un essere umano egoista.

Bene, mi sembra evidente che il libro mi ha molto colpita. La cura con cui è stato scritto. Il buon lavoro di editing. La nostalgia che mi ha lasciato nel cuore… insomma tutte queste cose mi spingono ad assegnare 5 belle stelle luminose a “I giorni della libertà”.
Buona lettura. Ovviamente consigliatissimo.

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