Autore: Aurora Tamigio
Genere: Narrativa
Pagine: 416
Editore: Feltrinelli
Data di uscita: 4 luglio 2023
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Ho letto questo libro su consiglio di una amica e dovrò
ringraziarla. È una storia di donne. Gli uomini ci sono ma nello sfondo e per
questo non li considero proprio, perché non mi hanno lasciato più di tanto,
tranne uno. Rosa è la capostipite della famiglia di cui si narra e da ragazza
ha preso tante botte dal padre. Si usava così. Lei è cresciuta forte e
determinata, imparando a non aver paura della fatica. Sopporta la violenza
fisica subita dal padre fino a quando conosce Sebastiano Quaranta che“non aveva
padre, madre o sorelle, perciò Rosa aveva trovato l’unico uomo al mondo che non
sapeva come suonarle”. Ho trovato queste righe devastanti e ci sono stata su
parecchio per riuscire a capire quanto la sua esperienza avesse influenzato il
suo modo di ragionare. Comunque ci aveva azzeccato: Sebastiano è un uomo buono
con il quale non le sarà risparmiata la fatica di una vita di lavoro, ma potrà
costruire una famiglia nella quale nessuno alzerà la mano contro il suo stesso
sangue.
Purtroppo a rovinare tutto arriva la guerra: Sebastiano deve
partire e Rosa resta a mandare avanti la loro osteria e a crescere i tre
figli. Quel che accade alla fine della
guerra quando Rosa va a cercare tra i feriti gravi il suo Bastiano mi ha
sconvolta. Come mio solito non farò alcuno spoiler ma davvero non mi aspettavo
nulla di quel che viene narrato. Ho trovato incredibili le scelte di Rosa anche
se razionalmente e freddamente posso comprenderle.
La storia, cominciata agli inizi del 1900, si svolge fino agli anni 80 del secolo scorso mostrando il cambiamento dei costumi oltre alla storia della famiglia. Mi ci sono riconosciuta tanto ritrovando il vociare dell’oratorio e i pantaloni a zampa. Ho apprezzato tanto, ditemi pure che sono vecchia e antica, lo zito di Marinella che sa aspettare il momento giusto per il loro primo rapporto e afferma di averlo fatto perché le vuole bene sul serio.
Ho riflettuto molto sui cambiamenti intervenuti nella genitorialità. Quanti giovani non sono stati abituati a guadagnarsi le cose ma a darle per scontate. E qua un mea culpa ci vuole tutto. Viene toccato anche un argomento delicato come l’aborto. Mi è mancata, a questo proposito, una argomentazione sui motivi che hanno spinto la donna a ricorrervi in clandestinità nonostante fosse già normato. L’autrice fa parlare il medico che pronuncia un giudizio piuttosto forte mentre io avrei preferito che si esprimesse la donna. Ma è una opinione e rispetto la scelta della Tamigio.
Il libro si conclude con il matrimonio di Patrizia che alla
domanda di Marinella se intende conservare il suo cognome o se prenderà quello
del marito, altro aggancio ad un mutamento legislativo importante, risponde:
“Lo sapete, vero, che il cognome delle donne è una cosa che
non esiste. Portiamo sempre quello di un altro maschio”.
E su questa frase c’è davvero tanto da meditare anche se, nel
frattempo, la normativa in materia è cambiata ancora.
Marinella le risponde: “Comincia tu a tenerti il tuo, e poi
si vede”.
Ed è un’ottima risposta.
Il libro è scritto molto bene, in modo corretto e piacevole con quel profumo di dialetto siciliano appena accennato che sa di zagare e la storia è la storia della nostra società nel corso del secolo scorso che ha visto le donne emanciparsi tantissimo. Se guardiamo bene, infatti, in quei cent’anni le donne hanno dato una distanza incredibile agli uomini. E, forse, non ce lo hanno ancora perdonato.
Assegno quattro belle stelle a questo romanzo della giovane Aurora Tamigio che, credo davvero, avrò modo di leggere ancora. Buona lettura.
Bella recensione, grazie
RispondiEliminaThanks for your review
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