mercoledì 13 marzo 2024

Recensione - "Il cognome delle donne" di Aurora Tamigio

Titolo:
Il cognome delle donne
Autore: Aurora Tamigio
Genere: Narrativa
Pagine: 416
Editore: Feltrinelli
Data di uscita: 4 luglio 2023

AMAZON

All’origine c’è Rosa. Nata nella Sicilia di inizio Novecento, cresciuta in un paesino arroccato sulle montagne, rivela sin da bambina di essere fatta della materia del suo nome, ossia di fiori che rispuntano sempre, di frutti buoni contro i malanni, di legno resistente e spinoso. Al padre e ai fratelli, che possono tutto, non si piega mai sino in fondo. Finché nel 1925 incontra Sebastiano Quaranta, che “non aveva padre, madre o sorelle, perciò Rosa aveva trovato l’unico uomo al mondo che non sapeva come suonarle”. È un amore a prima vista, dove la vista però non inganna. Rosa scappa con lui, si sposano e insieme aprono un’osteria, che diventa un punto di riferimento per la gente dei quattro paesi tutt’intorno. A breve distanza nascono il bel Fernando, Donato, che andrà in seminario, e infine Selma, dalle mani delicate come i ricami di cui sarà maestra. Semplice e mite, Selma si fa incantare da Santi Maraviglia, detto Santidivetro per la pelle diafana, sposandolo contro il parere materno. È quando lui diventa legalmente il capofamiglia che cominciano i guai, e un’eredità che era stata coltivata con cura viene sottratta. A farne le spese saranno le figlie di Selma e Santi: Patrizia, delle tre sorelle la più battagliera, Lavinia, attraente come Virna Lisi, e Marinella, la preferita dal padre, che si fa ragazza negli anni ottanta e sogna di studiare all’estero. Su tutte loro veglia lo spirito di Sebastiano Quaranta, che torna a visitarle nei momenti più duri.

Ho letto questo libro su consiglio di una amica e dovrò ringraziarla. È una storia di donne. Gli uomini ci sono ma nello sfondo e per questo non li considero proprio, perché non mi hanno lasciato più di tanto, tranne uno. Rosa è la capostipite della famiglia di cui si narra e da ragazza ha preso tante botte dal padre. Si usava così. Lei è cresciuta forte e determinata, imparando a non aver paura della fatica. Sopporta la violenza fisica subita dal padre fino a quando conosce Sebastiano Quaranta che“non aveva padre, madre o sorelle, perciò Rosa aveva trovato l’unico uomo al mondo che non sapeva come suonarle”. Ho trovato queste righe devastanti e ci sono stata su parecchio per riuscire a capire quanto la sua esperienza avesse influenzato il suo modo di ragionare. Comunque ci aveva azzeccato: Sebastiano è un uomo buono con il quale non le sarà risparmiata la fatica di una vita di lavoro, ma potrà costruire una famiglia nella quale nessuno alzerà la mano contro il suo stesso sangue.

Purtroppo a rovinare tutto arriva la guerra: Sebastiano deve partire e Rosa resta a mandare avanti la loro osteria e a crescere i tre figli.  Quel che accade alla fine della guerra quando Rosa va a cercare tra i feriti gravi il suo Bastiano mi ha sconvolta. Come mio solito non farò alcuno spoiler ma davvero non mi aspettavo nulla di quel che viene narrato. Ho trovato incredibili le scelte di Rosa anche se razionalmente e freddamente posso comprenderle.

La storia, cominciata agli inizi del 1900, si svolge fino agli anni 80 del secolo scorso mostrando il cambiamento dei costumi oltre alla storia della famiglia. Mi ci sono riconosciuta tanto ritrovando il vociare dell’oratorio e i pantaloni a zampa. Ho apprezzato tanto, ditemi pure che sono vecchia e antica, lo zito di Marinella che sa aspettare il momento giusto per il loro primo rapporto e afferma di averlo fatto perché le vuole bene sul serio.

Ho riflettuto molto sui cambiamenti intervenuti nella genitorialità. Quanti giovani non sono stati abituati a guadagnarsi le cose ma a darle per scontate. E qua un mea culpa ci vuole tutto. Viene toccato anche un argomento delicato come l’aborto. Mi è mancata, a questo proposito, una argomentazione sui motivi che hanno spinto la donna a ricorrervi in clandestinità nonostante fosse già normato. L’autrice fa parlare il medico che pronuncia un giudizio piuttosto forte mentre io avrei preferito che si esprimesse la donna. Ma è una opinione e rispetto la scelta della Tamigio.

Il libro si conclude con il matrimonio di Patrizia che alla domanda di Marinella se intende conservare il suo cognome o se prenderà quello del marito, altro aggancio ad un mutamento legislativo importante, risponde:

“Lo sapete, vero, che il cognome delle donne è una cosa che non esiste. Portiamo sempre quello di un altro maschio”.

E su questa frase c’è davvero tanto da meditare anche se, nel frattempo, la normativa in materia è cambiata ancora.

Marinella le risponde: “Comincia tu a tenerti il tuo, e poi si vede”.

Ed è un’ottima risposta.

Il libro è scritto molto bene, in modo corretto e piacevole con quel profumo di dialetto siciliano appena accennato che sa di zagare e la storia è la storia della nostra società nel corso del secolo scorso che ha visto le donne emanciparsi tantissimo. Se guardiamo bene, infatti, in quei cent’anni le donne hanno dato una distanza incredibile agli uomini. E, forse, non ce lo hanno ancora perdonato. 

Assegno quattro belle stelle a questo romanzo della giovane Aurora Tamigio che, credo davvero, avrò modo di leggere ancora. Buona lettura.


Recensione di

2 commenti:

I vostri commenti alimentano il mio blog!
Se quello che ho scritto ti è piaciuto, lascia un segno del tuo passaggio. Te ne sarò grata.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...