mercoledì 11 dicembre 2019

Concorso letterario: In mille parole #2 - Tema NATALE... il vincitore è....

Buongiorno a tutti! Il 24 Ottobre è partito un concorso letterario, indirizzato a tutti gli autori che avevano voglia di mettersi alla prova e che erano pronti a cogliere ogni occasione per scrivere e farsi leggere. Alex Astrid (piccola creatura ma con un pozzo di idee) del blog "Vuoi conoscere un casino" ha deciso infatti di organizzare un concorso per racconti brevi a tema, al quale possono partecipare autori emergenti e scrittori dilettanti. Io, Alex e Francesca del blog Libri, libretti e libracci siamo i giudici! Se volete saperne di più leggete fino in fondo dove troverete anche il link per sapere come funziona, perché il concorso è ancora in atto e ogni mese ci sarà un tema differente.
Il tema di questo mese è stato il NATALE e il vincitore è:

Tania Anastasi

con

Il mio Natale

Ancora mi rivedo. Ero una bimba credulona, credevo a tutto, anche alla storiella che i bambini nascevano sotto un cavolo. Certo, non mi spiegavo come avesse fatto mia sorella, più piccola di me, a procurarsi un cavolo e nascerci sotto, visto che stavamo in città, ma ci credevo. Anche alla fata del dentino, a Babbo Natale e alla Befana credevo. Poi si sa, crescendo si perde l’innocenza dei bambini e il mondo cambia. Non è una perdita improvvisa. Un giorno perdi la fata del dentino, perché vedi tua madre posare le monete e prendere il dentino. Poi perdi la Befana, perché noti che sotto quegli stracci rattoppati vi è la stessa gonna di tua madre, che risulta assente nella stanza. Ma Babbo Natale no. Ancora ci credi, anche se hai perso l’innocenza, anche se sai che non esiste. Lasci l’uomo, non lo spirito di ciò che rappresenta. Quell’atmosfera la senti, la cerchi nelle decorazioni che vedi per strada, nei presepi che vai a visitare. Quando per strada o nei supermercati vedi un uomo vestito da Babbo Natale, lo associ alla tua vita da bambina, a quando lui ti prendeva sulle sue gambe e con il viso si avvicinava a te. Allora tu sorridevi perché la barba ti faceva il solletico e lui lo faceva apposta, muovendo la testa da un lato all’altro e contento ti chiedeva quale fosse il tuo desiderio. E tu, tutta eccitata, certa che venisse esaudito, glielo sussurravi all’orecchio. Quanto sarebbe bello farlo pure ora! Potrei sussurrare di desiderare di diventare madre, di svuotare tutto quel bene che vorrei dare e donarlo a un figlio. Quel sussurro sarebbe come un vento caldo sul suo viso. Ma questo desiderio posso solo custodirlo nel mio cuore, perché sono cresciuta, perché so che lui non c’è più: scomparso con la mia età da adulta. Anzi a dirla tutta, sono pure infastidita di vedere sul viso degli altri quella felicità che ora non ho. Quella corazza che indosso è perfetta: nessuno vede oltre, nessuno si accorge del mio dolore.
Fino a quando non sento mio marito parlare di riprovarci.

Riprovarci. Odio questa parola, non è un gioco che se perdi ci riprovi. E’ un martirio, una cosa che ti lascia cicatrici e non solo fisiche. Settimane di punture, ecografie di monitoraggio, prelievi di ovociti, giorni di speranze e di perdite. Come si può affrontare di nuovo tutto questo? Una, due, tre… fino a che un giorno arrivi e urli: “Basta, non è destino.”. Ma mi lascio convincere, anche stavolta, un ultima volta. E riprendo da capo. E mi rivedo. Quanto vorrei credere che tutto si possa risolvere con una lettera a Babbo Natale!
Mentre sono assorta in questi miei pensieri, mi si parano davanti tre bambini: “Ciao signora”, mi salutano con voce allegra. Io rispondo infastidita ma in modo educato: “Ciao”, null’altro, proprio per fargli capire che non ho intenzione di dialogare con loro. “Siamo gli elfi di Babbo Natale. Vedi quel signore seduto su quella sedia? E’ lui” continuano loro, senza lasciarsi per niente bloccare dal mio modo sbrigativo. Io faccio finta di non sentirli e continuo a camminare per la mia strada. Uno di loro afferra la manica della mia giacca, in modo da farmi rallentare e con una espressione buffa sul viso: “Ti prego, fermati. Lo so che pensi di perdere solo tempo con noi, ma se non lo farai grideremo così forte che le persone ti guarderanno male. Avvicinati a lui. Non te ne pentirai, fidati”. Io ero già pentita di essere uscita quel giorno, figuriamoci se mi andava anche di fermarmi a parlare con tre mocciosi e con un vecchio rimbambito, con un vestito che sembrava fosse stato usato da troppo tempo. Ma non volendo portare ancora alle lunghe quella situazione, a malincuore decido di fermarmi. Troppi erano i ricordi belli comunque legati alla figura di Babbo Natale.
Ancora mi rivedo. Mio padre e mia madre che mi aiutavano ad aprire i regali, il profumo di abete dentro casa, quello della cucina con le lasagne fatte da mia nonna, le nostre risate. Tutte cose ormai perse, come persa è la mia ingenuità.
Allora decido di seguire quei bambini, perché sapevo già ciò che non erano: non erano elfi. Mi piazzo davanti al vecchio e lui mi sorride, di un sorriso quasi ipnotico o forse ero io che volevo essere catturata. Vicino a lui c’è un’altra sedia e mentre mi guarda sento come se un calore sciogliesse quella corazza che mi ero costruita, come se un fuoco dentro si stesse impossessando di me e dei miei ricordi. Io come una bambina lo saluto: “Ciao Babbo Natale” e lui subito mi fa cenno di sedermi. “Ho rivisto quella bambina che già conoscevo. E’ una soddisfazione ogni volta vedere riaffiorare l’innocenza” fa lui con un vocione che sembrava uscire direttamente dalla barba bianca. Io gli chiedo allora:” Cosa stai vedendo? Nemmeno io so più cosa sono. Per molti non sono una donna, non do figli al mio compagno. Non sono nemmeno una madre, perché dicono non ci metta molto impegno nel diventarlo”. Qualche lacrima mi scende sulla guancia e lui, con la mano coperta con un guanto stranamente bianco e pulito, mi asciuga il viso. Poi prende una busta e fa il gesto di fare scivolare quelle mie lacrime li dentro. “Ecco Maria, hai appena scritto la tua speciale lettera a Babbo Natale. Il tuo cuore era arido prima di sederti su quella sedia. Ora lo hai innaffiato con queste lacrime che hanno sciolto quel velo con cui lo avevi avvolto. Adesso che hai ripreso a credere in me, con la stessa innocenza di quando eri bambina, nel mio sacco metterò qualcosa anche per te.”
Ancora mi rivedo rientrare a casa, aprire la buca e prendere la posta. Pubblicità, biglietti d’auguri, bollette e…la lettera del laboratorio analisi. Non ero stata tanto bene e avevo fatto delle analisi di routine: azotemia, glicemia, emocromo… Il check up era tutto nella norma e mi rivedo pure a leggere anche il secondo foglio, bhcg 268,000 mlU\ml. Adesso avrò anch’io il mio Natale.

Biografia

Di Tania sappiamo ben poco. Ha scritto un libro di poesie "Su una nuvola di pioggia", pubblicato in self su Amazon e IBS e al momento ha in lavorazione un romanzo sul lavoro minorile ad inizio '900... che però si ricollega anche al presente.


Podio

1. Tania Anastasi, con Il mio Natale
2. Alessandro Ricci, con La tregua di Natale
3. Ilaria Vecchietti, con La magia del Natale


Temi passati

Infanzia 
Se siete interessati QUI trovate le regole.

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