Editore: Corbaccio
Data di uscita: 30 settembre 2025
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«Nella città di Gaza, ogni mattina Nabil apre la sua libreria sotto le bombe.»
Julien Desmanges è un fotografo francese inviato a Gaza. Un mattino, girando per le stradine più nascoste della città, incappa in un uomo seduto davanti alla sua bottega. Ai piedi e ai lati pile di libri vecchi e meno vecchi: Julien capisce subito che sarebbe uno scatto perfetto, e domanda all’uomo il permesso di fotografarlo. E Nabil, questo il nome del libraio, glielo concede, ma solo dopo avergli raccontato la sua storia. Perché sono le parole che danno profondità all’immagine. Con un bicchiere di tè alla menta in mano, Julien ascolta allora la storia di Nabil, dall’esodo alla prigione, dall’impegno alla disillusione politica, dall’amore ai figli, dagli studi al teatro, dalle speranze al dolore di vedere soffrire chi si ama. Si dice che quando muore un vecchio, brucia una biblioteca intera: ed è questa verità che Nabil svela agli occhi del fotografo. In un racconto disseminato dei libri che hanno segnato la sua esistenza, il libraio narra la storia di un uomo tenacemente aggrappato all’idea che a ogni pagina che volterà sarà più libero.
Ho letto tutto d’un fiato questo libro e non volevo credere che fosse una storia frutto di fantasia. È stato così avvincente vivere, attraverso le sue parole, l’intera vita di Nabil, il libraio, che ancora a distanza di giorni vorrei che fosse una persona vera. Questo vecchio libraio che, si potrebbe dire, è nato in “cattività” e, per questo, ha impiegato più tempo a scoprire cosa era stato tolto alla sua famiglia e al suo popolo. Scrive infatti
“Fin dal mio primo respiro, in fondo, vi furono la guerra, la sopravvivenza, l’esilio. Nient’altro. La tendopoli è diventata il mio mondo. Non conoscevo altro…( )…Attorno a noi c’erano famiglie simili alla nostra. Vecchi seduti per terra, coppie che guardavano il tempo passare, e altri bambini. La notte, il rumore diminuiva ma il campo non era mai completamente silenzioso. Il latrato dei cani randagi spezzava regolarmente le tenebre. A volte un urlo lontano perforava l’oscurità. Qualcuno che improvvisamente impazziva. Quelle grida rimanevano a lungo sospese nell’aria. E ora, a chi toccherà?”Eppure ha vissuto una vita piena, i suoi genitori hanno spinto lui e la sorella a formarsi una cultura che potesse liberarli dal giogo dell’invasore ma, diversamente dalla sorella, lui ha scelto di non abbandonare il suo Paese. Me lo vedo, seduto davanti alla sua bottega, stipata di libri impolverati che chiacchiera coi pochi avventori bevendo tè alla menta… mentre tutto attorno si vedono le macerie frutto dei bombardamenti. Mi sembra si sentirlo mentre racconta della sua famiglia, della voglia di rivalsa, della rabbia, del dolore, della rassegnazione. Ogni periodo ha la sua emozione e il lettore non può che condividerle, tutte, dalla prima all’ultima. È facile giudicare stando comodamente seduti sui nostri divani mentre guardiamo il telegiornale o qualche programma di approfondimento. Ma per capire veramente bisognerebbe provare a viverle certe cose. Anche se non posso fare a meno di augurarmi che non succeda mai più a nessuno.
Pur essendo un libro ambientato in zona di guerra è scritto
in un modo che trasmette calma, anche quando vengono raccontate azioni di
rappresaglia violenta. Nabil, è scritto in quarta di copertina, “non ha
risposte, lui ha solo i libri, ma i libri sono dei luoghi dove si respira quando
manca l’aria”. Attraverso i suoi libri lui regala un respiro e non aggiunge
altra violenza a quella che già lo circonda da sempre. Ci vorrebbero tanti
Nabil e altrettanti Julien, il reporter che gli chiede di poterlo fotografare,
disposti a “perdere” tempo per ascoltare il racconto del soggetto che intende
immortalare, certo che questo renderà migliore il suo lavoro.
Consiglio la lettura di questo libro, molto adatto al periodo
che stiamo vivendo. Per come è scritto e strutturato in capitoli brevi con titoli
molto significativi e per la bella immagine di copertina assegno cinque belle
stelle.
Buona lettura.
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