Autore: Stefano Massini
Genere: Politica
Pagine: 128
Editore: Fandango Libri
Data di uscita: 19 gennaio 2024
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Nel 1960 viene arrestato in Argentina Adolf Eichmann, il
gerarca nazista responsabile di aver pianificato, strutturato e dunque reso
possibile lo sterminio di milioni di ebrei. Dai verbali degli interrogatori a
Gerusalemme, dagli atti del processo, dalla storiografia tedesca ed ebraica
oltre che dai saggi di Hannah Arendt, Stefano Massi-ni trae questo dialogo di
feroce, inaudita potenza. Il testo è un atto unico, un'intervista della stessa
Arendt a colui che più di tutti incarna la traduzione della violenza in
calcolo, in disegno, in schema effettivo. In un lucidissimo riavvolgere il
nastro, Eichmann ricostruisce tutti i passaggi della sua travolgente carriera,
dagli albori nella piccola borghesia travolta dalla crisi fino all'ebbrezza del
potere, con Hitler e Himmler raccontati come mai prima, fra psicosi e dolori
addominali, in un tripudio di scuderie, teatri e salotti. Da una promozione
all'altra, in un crescendo di poltrone, prestigio e denaro, si compone
lentamente il quadro della Soluzione Finale, qui descritta nel suo aspetto più
elementare di immane macchina organizzativa: come si sperimentò il gas? Quando
fu deciso (e comunicato) l'inizio dello sterminio? Come si gestiva in concreto
l'orrore di Auschwitz? Ed ecco prendere forma, passo dopo passo, una
prospettiva spiazzante: Eichmann non è affatto un mostro, bensì un uomo
spaventosamente normale, privo di alcun talento se non quello di trarsi
d'impaccio, capace di stupire più per la bassezza che per il genio. Incalzato
dalle domande della filosofa tedesca, egli si rivela il ritratto squallidissimo
dell'arrivismo, della finzione, del più bieco interesse personale, ma niente di
più. È mai possibile che l'uomo più temuto da milioni di deportati, il cui solo
nome incuteva terrore, fosse un essere così vicino all'uomo medio?
Contraddittorio, superficiale, perfino goffo, Eichmann assomiglia a noi più di
quanto si possa immaginare. Ma è proprio qui, in fondo, che prende forma il
male: nella più comune e insospettabile piccolezza umana.
Da un lato un ex gerarca nazista scappato in Argentina per non rispondere delle sue azioni. Dall’altro una filosofa ebrea fuggita in America per salvarsi dalle deportazioni nei campi di sterminio.
Da un lato una calma glaciale. Dall’altro un dolore assurdo misto a rabbia e incredulità.
È un dialogo a volte quasi surreale nel quale il gerarca sembra stupirsi di fronte all’incapacità della donna di comprendere che quel che è stato fatto andava fatto perché così era stato deciso e lui, come i suoi colleghi, non avevano fatto altro che eseguire degli ordini.
Erano soldati e quello dovevano fare: eseguire gli ordini.
Lui, d’altro canto, non nutriva alcun astio nei confronti degli ebrei. Anzi. Li frequentava e aveva amici ebrei. E qui mi è salito l’embolo. Perché sono le stesse cose che si sentono ancora oggi.
E poi, quando Harendt fa riferimento alla Notte dei cristalli, lui parla di scalmanati e teste calde.
E sono le stesse parole che sentiamo oggi. Non esiste un problema ma solo delle teste calde isolate, dei cani sciolti.
Lui non comprende perché debba essere processato. Non è stata sua l’idea del gas e dello sterminio. È stata una decisione calata dall’alto. A lui, fra l’altro, fa schifo vedere la gente morta. Non avrebbe mai preso quella decisione. Inoltre, alla fine fa lui una domanda a lei: “Crede davvero che una volta che mi avrete impiccato, tutto il male sarà stato estirpato dal mondo?”
Assegno 4 stelle a questo libro che vi consiglio davvero di leggere.
Buona lettura.
Opera teatrale, a meno che non si tratti di Shakespeare, dubito fortemente faccia per me; ottima recensione, grazie
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