Buongiorno a tutti! Il 24 Ottobre è partito un concorso letterario, indirizzato a tutti gli autori che avevano voglia di mettersi alla prova e che erano pronti a cogliere ogni occasione per scrivere e farsi leggere. Alex Astrid (piccola creatura ma con un pozzo di idee) del blog "
Vuoi conoscere un casino" ha deciso infatti di organizzare un concorso per racconti brevi a tema, al quale possono partecipare autori emergenti e scrittori dilettanti. Io, Alex e
Francesca del blog
Libri, libretti e libracci siamo i giudici! Se volete saperne di più leggete fino in fondo dove troverete anche il link per sapere come funziona, perché il concorso è ancora in atto e ogni mese ci sarà un tema differente.
Il tema di questo mese è stato la PAURA e il vincitore è:
Noemi Villaruel
con
Quattro minuti
Sospirai, chiudendo a chiave il mio armadietto. Avevo appena terminato un turno di dodici ore al fast food e il mio unico desiderio era stiracchiarmi come un gatto sornione sul divano. Peccato che non avessi nessuna voglia di affrontare i miei genitori. Troppe ramanzine, strani fraintendimenti e mancati chiarimenti fra di noi. A soli diciannove anni avevo già compreso chiaramente quanto le persone fossero brave a giudicare la vita altrui, piuttosto che guardare il proprio percorso. Forse è una caratteristica insita nella natura umana, il desiderio irrefrenabile di osservare l’esistenza delle persone vicine, attendendo solo un piccolo sbaglio per puntare il dito aggredendoli, sgranocchiando immaginari popcorn come se si stesse godendo la visione della prima di un film. Ogni persona deve sempre annotare se l’erba del vicino è più alta della propria, in un paese in cui il prato è rigorosamente tagliato a 3,5 cm e l’unica vocazione è quella di regalare un cesto di frutta al nuovo arrivato nel quartiere.
Bah, quanta ipocrisia.
Stavo per svoltare l’angolo che mi avrebbe condotto alla metropolitana, quando un brivido mi percorse la schiena. L’aria gelida di dicembre giustificava il freddo, ma quella sensazione era diversa, non aveva nulla a che vedere con il clima. Ruotai la testa in varie direzioni, cercando qualcosa. Non sapevo neppure io cosa stessi facendo, ma la sgradevole percezione che qualcosa non andasse penetrava fino alle ossa. Osservai con attenzione una coppietta che correva abbracciata, un anziano zoppicante col suo bastone, dei ragazzi bazzicare in un pub. E poi lo vidi. La sagoma di un uomo all’imbocco di un vicolo buio, una figura alta, longilinea ed inquietante. Non riuscivo a distinguere i lineamenti, il suo viso era simile ad un buco nero pronto a risucchiare la luce intorno a lui, persino i fari di un’auto che passò in quel momento non riuscirono ad illuminarlo, lo oltrepassarono solamente. Nessun movimento, nessuna parvenza di vita, eppure ero sicura che mi stesse osservando. Inghiottì a vuoto, strinsi la borsa al petto e feci un passo indietro. L’uomo ne fece uno in avanti. Il cuore perse un battito, i polmoni smisero di riempirsi d’aria, le mani cominciarono a tremare. Ogni mio passo indietro ne provocava uno in avanti da parte dello sconosciuto. Diedi una sbirciata alle mie spalle. Pochi metri e l’entrata della metropolitana sarebbe stata la mia salvezza. Potevo farcela. Dovevo farcela.Voltandomi, inciampai in una crepa del terreno, maledissi il governo londinese per non riparare le strade e corsi. Non ero un tipo atletico, ma impiegai tutte le mie forze in quello scatto di velocità. Saltai alcuni gradini delle scale e cercai come una forsennata la scheda dell’abbonamento. Sentivo il suo sguardo perforarmi la schiena. Non volevo voltarmi, non volevo scoprire cosa fosse alle mie spalle. Strisciai la card e oltrepassai disperatamente i controlli. Continuai a correre fino alla linea di delimitazione di sicurezza che separava i binari dalla panchina. Nessun vagone. Lo schermo indicava un’attesa di quattro minuti. No, ti prego. Il cervello era in panico, non riuscivo a riflettere lucidamente. La stazione era deserta, d’altronde erano le 2:23 di un monotono mercoledì.
Quattro minuti. Mi allontanai dalla scala da cui sarebbe dovuto arrivare lo sconosciuto. Appoggiai la schiena al muro e strisciai fino a terra. Mi sforzai di sentire qualche rumore, ma nulla. Il silenzio regnava sovrano. Solo il battito forsennato del cuore e il respiro affannato riempivano le mie orecchie. Non staccavo gli occhi dal tabellone.
Tre minuti. Cercai a tentoni il mio cellulare, lo trovai sul fondo della borsa. Scarico.
<< Maledizione
>> Imprecai in ogni lingua conosciuta, finché non sentì un suono che mi serrò la gola. Passi. Pesanti, rumorosi passi scendevano lentamente le scale, senza alcuna fretta come se avesse tutto il tempo possibile per fare qualsiasi cosa avesse in mente. Aveva la sicurezza che la sua preda non sarebbe andata da nessuna parte. Un fischiettio allegro accompagnava la macabra discesa. Si fermò sull’ultimo gradino. Ritornò il silenzio per qualche istante.
Due minuti. Troppo lento scorreva il tempo, il vagone non sarebbe mai arrivato in tempo. L’uomo sporse una mano bianco pallido, sfiorando la ringhiera, prima di mostrarsi alla mia vista interamente. Non mi guardava, il suo profilo era affilato, i capelli castani leggermente lunghi, gli occhi chiari, forse azzurri scrutavano lo schermo.
Un minuto. Si voltò lentamente verso di me, un sorriso sardonico sulle labbra sottili, gli occhi viscidi scrutavano il mio viso. Un serpente con sembianze apparentemente umane. Nell’istante in cui stava per avvicinarsi, la luce andò via. Rimasi immobile nella mia posizione, quasi rannicchiata sul pavimento, mi tappai la bocca cercando di trattenere l’affanno. Una mano artigliò il mio braccio, urlai a squarciagola.
<< Sei mia. >> Sibilò al mio orecchio.
Scalciai come un’ossessa, dimenandomi lo colpì in un punto imprecisato e sentì il suo gemito di dolore. Continuai a colpirlo con tutte le mie forze, finché non mi lasciò. Un rumore di ingranaggi e il mio cuore riprese a battere di speranza. Il vagone stava arrivando, i neon lampeggiarono nuovamente. Corsi conto i binari, non aspettai nemmeno che la metro si fermasse del tutto, pigiai il bottone di apertura delle porte, mi infilai dentro e andai a sedermi accanto ad una donna di mezz’età.
<< Ragazzina tutto a posto? >> La donna mi occhieggiava dubbiosa, forse il mio viso era troppo sconvolto. Non risposi, cercavo lo sconosciuto, temevo mi seguisse dentro il vagone. Nessuna traccia del volto da trentenne infido e perverso.
Tornai a casa, non risposi alle decine domande di mia madre, mi infilai ancora tremante nel letto. Quella notte non dormì.
Il giorno dopo, al notiziario delle 12, sentì il telecronista annunciare la morte di una ragazza di diciassette anni. Il cadavere fu ritrovato nella stazione della metro. Sollevai lo sguardo dal mio piatto e vidi nella tv un’immagine presa dalle telecamere della sorveglianza. Il viso che incarnava il mio incubo mi osservava. Gli occhi azzurri trapassarono lo schermo e si piantarono sul mio viso. Piansi tutte le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento.
Noemi Maria Yasmin Villaruel nasce in una calda giornata di luglio del 1991 a Catania, nel cuore della splendida Sicilia, malgrado abbia origini spagnole. Subito dopo il diploma di liceo scientifico, inizia a lavorare come segretaria amministrativa presso l’azienda creata dai suoi nonni e acquisita dallo zio materno. Divide le sue giornate fra il lavoro e la compilazione della tesi che la porterà fra qualche mese alla laurea in “Scienze e lingue della comunicazione”. Nonostante gli impegni, non ha mai rinunciato alla sua più grande passione: la lettura. Le centinaia di libri che affollano la sua casa l’hanno condotta al suo primo romanzo, “
Lacrime di fuoco” pubblicato da Aletheia Editore.
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Noemi Villaruel Autrice
1. Noemi Villaruel, con Quattro minuti
2. Alessandro Ricci, con Chi ha paura del buio
3. Maria Sgro, con L'incontro sbagliato
e
Tania Anastasi, con Con la paura non c’è un domani
1. Infanzia
2. Natale
Se siete interessati QUI trovate le regole.
Bello...ti tiene in ansia anche con quattro parole. Piacevole lettura.
RispondiEliminaIniziativa molto originale, e complimenti al vincitore!
RispondiEliminaGrazie mille, sono davvero felice che sia stato apprezzato il clima di tensione che avevo intenzione di creare *.*
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