Editore: Mondadori
Data di uscita: 28 gennaio 2025
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Nel saggio Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf rifletteva sulle ragioni per cui, nel corso dei secoli, le donne avevano scritto pochissimo rispetto agli uomini. Sua la celebre affermazione: «Se vuole scrivere romanzi una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé». Woolf aggiungeva anche che se mai fosse esistita una sorella di Shakespeare, dotata dello stesso genio del fratello, sarebbe sicuramente andata incontro a un destino tragico: impazzita, uccisa o condannata a concludere «i suoi giorni in qualche capanna solitaria un po' fuori del villaggio, per metà strega, per metà maga, temuta e derisa». Eppure, almeno in parte, Woolf si sbagliava. Nel 1929, quando pubblicò il suo saggio, conosceva infatti poco o nulla delle potenti opere letterarie scritte, e in molti casi pubblicate, da un ristretto gruppo di donne, che, coeve di Shakespeare, facevano ciò che Woolf riteneva impossibile: scrivevano opere poetiche, storiche, religiose e drammatiche, in un'epoca in cui nessuna donna era incoraggiata a farlo. Tra loro, Anne Clifford, un'aristocratica cresciuta tra i privilegi che, dopo essere stata esclusa dall'eredità di uno dei più vasti patrimoni d'Inghilterra, intraprese una battaglia testamentaria arrivando a scontrarsi con gli uomini più potenti del regno e la documentò nei suoi numerosi diari. Mary Sidney, costretta a sposare un uomo molto più grande di lei, ma che non smise mai di approfondire i suoi studi umanistici e fece, in parte insieme al celebre fratello Philip, un'ottima traduzione in versi del Libro dei Salmi. Aemilia Lanyer, proveniente da una famiglia di musicisti veneziani alla corte della regina Elisabetta I, fu la prima donna inglese a pubblicare una raccolta di poesie originali, uscita nel 1611. Elizabeth Cary, la prima donna, invece, a pubblicare una tragedia originale in lingua inglese. Sono loro le quattro «sorelle di Shakespeare» che la studiosa Ramie Targoff ha deciso di raccontare in questo libro. Intrecciandone le tormentate vite con le opere, Targoff restituisce loro la voce che meritano, tessendo un affascinante racconto. Le protagoniste sono donne senza legami di sangue fra loro, ma che hanno condiviso, oltre che una passione, il coraggio di essere se stesse. Nella vita come, soprattutto, nella letteratura.
Non è stato facile leggere questo libro. Troppi dettagli
sulla vita a corte di queste 4 donne che smentirebbero l’affermazione di
Virginia Woolf:
“Se vuole scrivere
romanzi una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé”.
È vero, sono donne che hanno scritto e pubblicato, ma sono
donne che bene o male vivevano nella cerchia della corte inglese, quindi
avevano opportunità e possibilità migliori di molte altre donne. Ciò che hanno
scritto, a parte le traduzioni di opere religiose o di altri autori, ha un
senso importante che meritava più spazio di quello dato ai vari intrallazzi di
corte. Forse l’autrice voleva far capire il contesto nel quale nascevano questi
scritti ma, personalmente, a volte ho trovato le informazioni ridondanti. Mi ha
sorpreso, invece, che queste scrittrici nel 1600 scrivessero della necessità
che avevano le donne di sottrarsi al dominio maschile. Soprattutto alla luce
del fatto che, quattrocento anni dopo, nonostante i grandi passi avanti, si
senta ancora la medesima necessità.
Allo stesso tempo mi è piaciuto venire a sapere che,
esattamente come oggi, una ampia fetta della società consultava regolarmente
astrologi e cartomanti. Addirittura che nel 1600 l’astrologia fosse inserita
nel curriculum universitario di Oxford e Cambridge insieme ad astronomia e
matematica. Persino la regina consultava questi “sapienti” con regolarità per
capire quando entrare in guerra, per esempio, o se e quando emanare un certo
decreto. Capire come mai esista questa necessità in tante persone è una cosa che
mi piacerebbe approfondire.
Delle opere scritte da queste donne vissute a cavallo tra
1500 e 1600 quella che più mi ha colpito è quella di Aemilia Lanyer che ha
trovato la sua eroina perfetta nella moglie di Pilato. Una donna senza nome “il cui intervento in un momento cruciale
avrebbe potuto cambiare il corso della storia, se solo il marito le avesse dato
ascolto” forse perché è un pensiero che ho avuto anche io ogni volta che ho
ascoltato o letto la Passione di Cristo. Aemilia fa riflettere questa donna sul
comportamento di Eva, tanto condannato, e la porta a concludere:
“La nostra madre Eva,
che assaggiò
dall’albero
e diede ad Adamo
qualcosa che le era caro,
fu semplicemente buona;
non poteva immaginare
il conseguente danno,
non potè vederlo”
Adamo avrebbe potuto, invece, perché aveva ricevuto l’ordine
direttamente dal Creatore e, quindi, accettò l’offerta di Eva ben consapevole
di quel che stava facendo.
La conclusione di Aemelia è “Se gli uomini sono peccaminosi al punto da crocifiggere il loro Salvatore,
allora le donne dovrebbero essere liberate dal loro dominio”.
Eppure ancora oggi Eva è vista e dipinta come il male
incarnato che corrompe il “povero” uomo che divideva l’Eden con lei.
Al netto di tutto io mi sento di dire che queste donne rappresentano
l’eccezione che conferma la regola esposta da Woolf. D’altro canto all’epoca
per le donne, in generale, non era prevista istruzione e, se non si conoscono
le parole, non si ha nemmeno il piacere e la voglia di giocare con esse. Che
poi quanto scritto da una donna sia stato considerato inferiore alle produzioni
maschili tanto da indurre molte autrici a pubblicare sotto pseudonimi maschili
è cosa nota. Tant’è che l’autrice stessa dichiara che nel 1989, quando si
laureò, non aveva letto una sola parola scritta da una donna prima del 1800.
Fino ad allora, infatti, le opere delle scrittrici rinascimentali erano rimaste
inedite, fuori catalogo o inserite in libri che oscuravano la loro reale
paternità. Oggi le cose sono cambiate e questi scritti sono stati cercati e
pubblicati, addirittura inseriti nei programmi universitari, generalmente a
prevalenza maschile seppure molti studiosi si ostinino a non insegnare le opere
delle donne rinascimentali.
Concludendo, saggio interessante per il far emergere queste
produzioni letterarie femminili così, purtroppo, ancora molto attuali e
sconosciute. C’è anche uno spaccato interessante sulla società rinascimentale.
Il libro è scritto bene anche se i capitoli sono un pochino lunghi per
permettere una lettura più agevole. Assegno quattro stelle proprio per la
ridondanza di informazioni sulla vita di corte che non mi aspettavo quando ho
scelto il libro e mi interessavano poco.
Auguro comunque buona lettura perché, magari, a voi può interessare
anche la parte che io ho trovato un pochino eccessiva.





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