venerdì 4 febbraio 2022

Recensione - "40 Cappotti e un bottone" di Ivan Sciapeconi

Ciao a tutti! Continuano le letture a tema, anche perché ques'tanno ne sono uscite molte davvero belle e insieme alla mia squadra di collaboratrici ci siamo messe d'impegno per raccontarvele.
40 Cappotti e un bottone è una storia vera, come quasi tutte del resto. Magari qualcuna viene romanzata per essere più appetibile, qualche altra invece viene narrata con tutta la sua crudeltà.
Titolo:
40 Cappotti e un bottone
Autore: Ivan Sciapeconi
Genere: Narrativa storica
Pagine: 208
Editore: Piemme
Data di uscita: 18 gennaio 2022

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Estate 1942. Alla stazione di Nonantola, in provincia di Modena, scendono quaranta ragazzi e bambini ebrei. Sono scappati dalla Germania nazista grazie all'organizzazione di Recha Freier e, con i loro accompagnatori, stanno cercando di arrivare in Palestina, ma la guerra li ha costretti a continui cambi di direzione: prima la Croazia, poi la Slovenia, ora l'Italia. A Nonantola vengono sistemati appena fuori dal paese, a Villa Emma. Sembra che il peggio sia passato. Ci sono lezioni, assemblee e i più grandi imparano mestieri che un giorno potrebbero essere utili. Tra i ragazzi e le ragazze di Villa Emma c'è anche Natan, che inizialmente vede tutta questa attenzione con sospetto. Bruciano ancora il ricordo del padre trascinato via nella notte, l'addio della madre e del fratello più piccolo. Eppure, a Villa Emma non ci sono stelle gialle da appuntare al cappotto, né ghetti, né retate nella notte. Sembra di essere in un mondo completamente nuovo, dove i contadini portano cibo, il falegname i letti, dove ognuno può fare la propria parte. Con l'otto settembre del 1943, però, a Nonantola iniziano ad accamparsi le truppe naziste e per i ragazzi di Villa Emma c'è una nuova fuga da organizzare. Questa volta non sono soli, però, questa volta hanno un intero paese a lottare per loro. Una storia luminosa, inedita e sorprendente. Una storia vera. Uno squarcio di ottimismo nell'orrore della Shoah, 40 ragazzi messi in salvo da un'intera cittadinanza. Questo libro è per loro, per i salvati e i salvatori, perché non siano mai dimenticati. Ma anche perché ancora oggi la normalità del loro eroismo ci commuove e ci sfida a non abbandonarci a facili paure e all'indifferenza.
Viviamo in un mondo dove tutto scorre velocemente, un fatto più che altro tecnologico, ma ci corre l’obbligo ricordare avvenimenti del passato, con quelle note stonate della storia che ci è costata così cara con tanto dolore, con vite cancellate e racconti che non sembrano venire da questo mondo. Ma che invece avvenivano dietro casa e non solo nei campi di concentramento. 
L’autore ci racconta  questo avvenimento, dove una quarantina di ragazzi dagli otto anni in su, fuggiti dalla Germania, dai Balcani e dalla Slovenia, arrivano a Nonantolo in provincia di Modena, cercando rifugio in una villa disabitata messa a loro disposizione. L’adattamento è d’obbligo, non c’è nulla, nemmeno i letti, né da mangiare. Sono guidati da  Recha Freier e da Josko che li mette a loro agio momentaneamente con del pagliericcio per dormire e chiedendo del pane alla gente del luogo.  A Villa Emma tutti si adoperano per darsi sostegno; cercando di trovare conforto; aiutando i più piccoli unitamente a tante persone del paesello come il parroco, il dottore, il falegname... gente pronta a non far mancare nulla, tenendoli uniti per il raggiungimento della loro meta: Eretz Israel.
“Ci aveva tenuti nascosti come topi… in quei giorni ho capito il perché… niente liste con i nomi, niente elenchi, niente schede, solo cosi potevamo scappare…”

Non viene tralasciato nemmeno lo studio da parte di Josko come loro insegnante, si danno da fare per il miglioramento della situazione e finivano le loro giornate stancamente, sapendo che la stanchezza copriva la paura e su questo erano tutti d’accordo. 
Arriva l’8 settembre '43. Vicino a Villa Emma si sono accampati i nazisti e i ragazzi non sono più al sicuro. I tedeschi possono fare il bello e il brutto, specialmente ora che non si sa chi comanda. Fa freddo e  hanno la necessità di coprirsi, così tutte le donne del paese lavorano giorno e notte per confezionare 40 cappotti marroni. I ragazzi sono ricercati e devono partire subito e, per non insospettire i tedeschi, confezionano una specie di divisa, come se partissero per una gita. Tutto il paese si mette all'opera per aiutare questi ebrei, che poi in fondo erano solo dei bambini in fuga.

Ormai sono trascorsi 80 anni e quando arriva questo anniversario non si può fare a meno di ricordare. Quanta sofferenza veder partire i figli senza avere la certezza di rivederli domani e noi, mamme, non possiamo immaginare il dolore provato da queste donne, il rammarico di non poter fare nulla, di non vederli crescere e seguirli nell’età adulta. 
La narrazione è fatta in prima persona da Natan, fuggito da Berlino dopo aver assistito alla cattura del padre da parte delle “camicie scure”. Natan è l’unico frutto di fantasia di questo romanzo, tutti gli altri sono da ricordare: Don Arrigo, Schoky, Dott. Moreali, Boris, Josko e tanti altri. Tutto è documentabile, con i nomi dei ragazzi presso la Villa, ancora oggi sede di manifestazioni. Il 14 luglio di quest'anno ricorrerà l'anniversario dei primi profughi ebrei arrivati a Villa Emma.

Varie volte mi sono soffermata pensando quante storie abbiamo letto, abbiamo visto documentari, film e ascoltato tante testimonianze… E questo libro non è da meno. Un romanzo toccante, sono stata con Natan per tutto il tempo accanto ai ragazzi con le loro paure, paure che non lasciano spazio al nulla.  Un romanzo che l’autore illustra e spiega molto semplicemente, con uno scritto scorrevole e chiaro che invoglia a continuare con la speranza per loro di trovare un mondo nuovo per il futuro.

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2 commenti:

  1. Provincia di Modena? Mi sa che sto libro finisce in wish list, visto che io sono Modenese! Ottima recensione, grazie

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  2. Ciao Benedetta...sicuramente sarà molto interessante fare una visita nei dintorni di Modena fino a Villa Emma di Nonantola....grazie ciao

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