lunedì 23 ottobre 2023

Recensione - "Il secolo mobile" di Gabriele Del Grande

Titolo:
 Il secolo mobile
Autore: Gabriele Del Grande
Genere: Saggio
Pagine: 636
Editore: Mondadori
Data di uscita: 29 agosto 2023

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Cent'anni fa non esistevano passaporti, si viaggiava senza permessi né lasciapassare. Oggi, al contrario, il regime dei visti di Schengen vieta di entrare in Europa alla maggior parte dell'umanità: ovvero ai ceti poveri e prevalentemente non bianchi dei paesi a medio e basso reddito di Africa, Asia e Caraibi. Ai loro emigranti, respinti dai consolati, non resta che imbarcarsi di contrabbando dai porti franchi del Nord Africa e della Turchia. È così che negli ultimi trent'anni hanno attraversato il Mediterraneo tre milioni e mezzo di viaggiatori senza visto, mentre i corpi di altri cinquantamila giacciono tuttora sul fondo del mare mangiati dai pesci. Come siamo arrivati fin qui? E soprattutto, come ne usciremo? Con il rigore dello storico e il piglio del narratore, Gabriele Del Grande scrive la prima storia dell'immigrazione illegale in Europa. Una storia che spazia dallo sbarco delle truppe africane a Marsiglia nel 1914 fino alla crisi delle ONG a Lampedusa, passando per la stagione della libera circolazione con le ex colonie, il divieto di espatrio dal blocco comunista, i riots razzisti nelle capitali europee, la messa al bando dell'immigrazione non bianca, il crollo del muro di Berlino, il doppio cortocircuito dell'asilo e dei ricongiungimenti familiari e la stretta sui visti che dal 1991 alimenta il mercato nero dei viaggi. Nella sua ricostruzione Del Grande non perde di vista il contesto globale della decolonizzazione, della segregazione razziale oltreoceano, della guerra fredda, dell'ascesa dei movimenti islamisti, del ritorno della Cina e dell'India sulla scena mondiale e del boom demografico – e in prospettiva economico – dell'Africa. Il risultato è una narrazione avvincente, che intreccia le vicende dell'immigrazione con quelle dell'emigrazione e, al contempo, contrappone ai fantasmi del passato suprematista euro-atlantico uno sguardo cautamente ottimista sul futuro. Porre fine agli sbarchi e ai naufragi, infatti, è possibile. Prima però è necessario rimuovere l'ultima invisibile linea del colore. Quella dell'apartheid alla frontiera.
Ho voluto leggere questo libro perché l’argomento mi interessa molto e sento di non saperne abbastanza. Devo dire che il numero di pagine mi aveva un po’ intimorita e invece la lettura è stata assolutamente piacevole e interessante. Del Grande è indubbiamente padrone dell’argomento e, inoltre, ha un modo di scrivere estremamente fluido e gradevole.
Ho letto questa storia dell’immigrazione da fine 1800 ai nostri giorni e ad ogni pagina mi sentivo peggio. I grandi movimenti migratori, da sempre, si verificano a seguito di guerre, carestie o disastri climatici. La frase che più ricorre è quella che descrive uccisioni di massa e donne stuprate a opera di bianchi, neri e gialli. Il colore della pelle, evidentemente, non influisce in nessun modo sulla capacità di compiere violenze. Chi si trova in una situazione di potere non si è mai fatto scrupolo di sfruttare gli altri arricchendosi a scapito dei più deboli. E continua e continuerà a farlo.

Il libro è ricchissimo di dati, quindi può servire anche ai ragazzi che devono fare ricerche per la scuola, oltre a chi vuole semplicemente informarsi. Per il mio livello di interesse i dati erano davvero fin troppi ma questo non mi ha disturbato. Ho semplicemente sorvolato su alcune righe che contenevano elenchi di nomi che, tanto non avrei ricordato ma ho apprezzato la precisione e l’approfondimento delle ricerche, nonché la montagna di note esplicative e l’indice dei nomi che facilita la consultazione.
Quello che risulta chiaramente dalla lettura di queste pagine è che ogni Stato che ha posto limiti all’ingresso di migranti lo ha fatto per frenare l’arrivo dello strato più povero delle popolazioni, in particolare dei neri e degli islamici. In effetti se noi pensiamo alle parole “clandestino”, “irregolare”, “extracomunitario” credo che a nessuno venga in mente un nord americano che si trovi nel nostro paese per qualsiasi motivo regolarmente o no.
Ma non c’è muro che tenga e chi ritiene che lasciare il proprio paese sia l’unico modo per avere una vita dignitosa troverà il modo per farlo. E infatti nel libro si trovano molti esempi di come le frontiere non siano altro che reti bucate la cui unica funzione è, alla fine, solo simbolica.
“D’altronde non potrebbe essere diversamente: soltanto nel momento in cui un confine viene attraversato, assediato e in fondo irriso, quel confine è in grado di generare un racconto. Un racconto che ci interroga e ci costringe a prendere posizione. Come in una guerra. O in una grande performance. Una tragedia collettiva alla quale partecipano milioni di attori raccolti attorno a due campi contrapposti e non comunicanti. Da una parte c’è chi scavalca. Dall’altra chi spara. Chi scappa e chi insegue. Chi annega e chi soccorre. Chi è respinto e chi respinge. Chi finisce dentro una cella e chi gira la chiave a doppia mandata. Chi urla come un animale ferito e chi manganella ancora più duro. Chi per salvare sé stesso ha imparato a odiare il prossimo e chi per salvare gli altri ha fatto della bontà un redditizio mestiere. Chi ha imparato a mentire per aggirare la legge e chi ha scambiato il potere con la verità. Noi, per esempio.”

Altra cosa, che l’autore ribadisce più volte, è il fatto che gli arrivi coi barconi, tanto stigmatizzati e utilizzati da una certa parte politica come il preludio di una futura sostituzione etnica, non costituiscono che una parte molto piccola di quello che è il vero numero di immigrati irregolari. Questa cosa, sempre dati alla mano, mi ha fatto molto riflettere sul funzionamento dei mezzi di comunicazione. Così come sull’uso dei social che fanno i politici, o almeno qualcuno.

Alla fine Gabriele Del Grande espone quella che potrebbe essere la soluzione secondo lui. La espone come un sogno, ed è un sogno che condivido:
“Nel mondo globalizzato di oggi la mobilità internazionale non può più essere un privilegio, appannaggio dei cittadini bianchi dei paesi ad alto reddito. La libertà di spostare il proprio corpo nel mondo deve essere riconosciuta come diritto fondamentale.  E un diritto, o è di tutti, o non lo è. Io sogno un mondo senza più anacronistici divieti di viaggio razziali o classisti. Un mondo dove non siano più gli Stati a decidere chi lasciare entrare e chi espellere in virtù di un’appartenenza etnica e di un ceto sociale. Ma siano i singoli individui a decidere liberamente in quale fazzoletto di terra inseguire la propria personalissima idea di felicità.”
In questo modo più nessuno avrebbe bisogno di affidarsi alle organizzazioni criminali che gestiscono i “viaggi della speranza”. Devo confessare che a questo punto della lettura nella mia testa sono partiti dei pensieri che non avrei mai pensato di poter elaborare sull’opportunità di una liberalizzazione così completa. Dopo tanti anni che sento dire che sui barconi arrivano terroristi, ladri, spacciatori e stupratori evidentemente questi concetti si sono sedimentati nella mia mente. E l’autore, come se se lo aspettasse scrive:
“Sembra tutto lineare, eppure, ammettiamolo, la sola idea di porre fine al divieto di viaggio dei ceti popolari non bianchi mette in crisi anche i più progressisti tra noi. Perché sotto sotto quando si parla di Africa, Asia, Caraibi e mondo islamico persino i più insospettabili credono ancora alla teoria dell’invasione e della sostituzione etnica. Come se i confini non fossero già bucati. E come se davvero, là fuori, con i giganti asiatici in piena espansione e l’Africa sulla rampa di lancio dell’emancipazione economica, il resto del mondo non avesse di meglio da desiderare che invadere la vecchia e grassa Europa. Verrebbe da pensare che a forza di erigere muri intorno alla nostra dorata fortezza abbiamo finito per rimanerne noi stessi prigionieri, insieme alle nostre paure.”

Mi ha fatto davvero male riconoscermi in queste parole, anche se mi sono resa conto proprio per questo che è necessario conoscere bene gli argomenti, ricordando che viralità e verità non sempre coincidono.
Credo che i brevi stralci che ho scelto di riportare da questo libro rendano perfettamente la limpidezza e la chiarezza con cui Del Grande esplora un argomento così importante e delicato senza mai permettere al lettore di annoiarsi.
Ne consiglio caldamente la lettura perché permette di conoscere meglio la questione dell’immigrazione illegale adottando un punto di vista diverso da quello cui siamo abituati.
Assegno cinque belle stelle e vi raccomando di non leggerlo a letto prima di dormire in quanto il peso del tomo è tale che se dovesse cogliervi il sonno rischiereste di rifarvi i connotati.
Buona lettura.


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