venerdì 7 aprile 2023

Recensione - "Balena" di Giulia Muscatelli


Titolo:
 Balena
Autore: Giulia Muscatelli
Genere: 168
Editore: Nottetempo
Data di uscita: 21 ottobre 2022

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Balena è la storia di un corpo che cambia e diventa gigantesco, ma è anche la storia di una donna che si riappropria di sé grazie a quel corpo. La morte improvvisa di un genitore è una perdita troppo difficile da sostenere per una bambina. Così, a undici anni, Giulia inizia a cercare di colmare quel vuoto enorme col cibo. Quasi volesse far posto “sotto la pelle che si dilata” al padre che non c’è più, reagisce alla mancanza e al dolore assumendo le sue forme – quelle di “un uomo grosso, un uomo enorme”. Il peso di Giulia passa da 40 a 80, a 96 chili, sembra non fermarsi mai. Poi, insieme al corpo, cominciano a crescere il rifiuto di sé, la vergogna, il senso di colpa, il bisogno di nascondersi. E presto arriva il bullismo dei compagni, ma anche di qualche insegnante, a colpirla e umiliarla ogni giorno persino nel nome, ormai diventato quello di un animale: Balena. Fino a quando, con l’aiuto di sua madre, Giulia cambierà ancora e troverà una nuova consapevolezza, un nuovo equilibrio per sé, e un nuovo spazio per Balena – non più in primo piano, ma sempre lì. Alternando racconto e riflessione, facendo dialogare il passato con il presente, Giulia Muscatelli scrive un libro coraggioso che sceglie la speranza ma rifiuta le facili consolazioni. Un memoir toccante e acuto che racconta la stigmatizzazione del corpo, il superamento del lutto e la ricerca di un nuovo inizio
Ho incontrato per caso questo libro e devo dire che mi ha saputo catturare fin da subito. A me piacciono i libri che raccontano storie vere dalle quali si possono imparare tante cose. Questo è uno di quei libri.
Ho trovato tanti spunti di riflessione. Ho sottolineato tante frasi e ogni sottolineatura è una medaglia.

La figura del padre è pervasiva dall’inizio alla fine dello scritto. È una figura invadente, importante che ha lasciato una traccia indelebile nella vita di sua figlia. Verso la fine Giulia racconta un episodio accaduto prima della sua nascita e lo descrive come “il gigante che non regge il dolore, le spalle robuste che si sgretolano”. Trovo meravigliosa questa descrizione e quella che fa poi della madre che spera la figlia somigli al padre nella capacità di ridere di ogni cosa, ma non nella facilità alla resa, nel vedere la meraviglia dove gli altri vedono realtà inutili senza però rimanerne sopraffatta. In queste frasi esprime la debolezza del padre e la forza della madre che non ha mai avuto paura di farsi su le maniche per affrontare le sfide della vita. 
Una bambina di 11 anni capisce anche quello che i grandi le tacciono. Vorrebbe sentirsi dire le cose come stanno e  si assume un compito estremamente gravoso per la sua giovane età.
Una bambina nel cui essere si apre un vuoto molto grande che cerca di riempire con il cibo. Forse, inconsciamente, vuole assomigliare al padre che viene descritto come gigantesco e con una grossa pancia. Nel giro di pochi mesi si ritrova con un corpo che non riconosce e che la fa diventare vittima delle bulle a scuola.

L’autrice racconta la sua storia, una volta ritrovato il suo corpo nella forma originaria e lo fa con una lucidità che, a tratti spaventa. 
Racconta di come si era resa conto che il suo corpo per come si era sformato parlava al suo posto, e lo faceva in maniera del tutto autonoma dalla sua volontà. Ma per rendersi conto di questo era dovuto accadere che, chi era attorno a lei iniziasse a giudicarla dandole della vacca o della balena. Nemmeno la madre si era resa conto di quanto stava accadendo alla figlia. Non è forse vero che, per il quieto vivere, si tenta sempre di trovare una giustificazione accettabile per tutto quanto ci succede attorno? Se la bambina mangiava tanto poteva essere per sopperire alla perdita del padre, e se aumentava di peso poteva essere lo sviluppo ecc. ecc. il nostro inconscio ci protegge dalle brutture con questi piccoli inganni che ci impediscono di vedere ciò che realmente sta accadendo attorno a noi. Anche la scuola non si accorge di nulla ovviamente, anzi persino uno dei professori le lancia delle frecciatine al veleno. Nessuno si pone il problema di comprendere il disagio che quella ragazzina sta vivendo. Giulia non si trova bene nel suo nuovo corpo, sente di avere dentro qualcosa che vorrebbe cacciare via ma non sa come fare. Non si riconosce più e non sa dove ritrovarsi così come non sa dove trovare le parole per raccontare tutto questo a chi la potrebbe aiutare.
Una ragazzina che va alle medie ed è la sola ad avere un corpo che non risponde ai canoni imposti dalla moda vive un inferno. Si sente sola e giudicata. Quando finalmente parlerà alla madre di quello che le sta capitando e la madre la manderà in una struttura per essere aiutata Giulia troverà stupendo vedere attorno a sé persone come lei. Finalmente non si sentirà più quella diversa, che tutti indicano e sbeffeggiano.
La riflessione che ne farà anni dopo, vedendo quanto ancora sia importante celebrare l’aspetto fisico sui social, è tanto amara quanto vera:
“Siamo ancora maldestri quando parliamo di corpi, confondiamo la libera espressione del sé con il dolore, e viceversa. Richiediamo a gran voce la libertà di mostrare il culo anche se non entra nel formato quadrato della foto, ma non rivendichiamo con altrettanta frequenza il diritto di avere un medico di base che sappia individuare e, quando necessario, curare l’obesità, o di un’istruzione scolastica che costruisca i presupposti per una cultura finalmente consapevole e informata della pluralità dei corpi e quindi scevra da giudizi”.
Intanto Giulia cresceva e nonostante soffrisse per il suo essere grassa non riusciva a smettere di mangiare, perché nel cibo trovava quel calore che fa star bene. Non può che essere così poiché 
“Il cibo in casa nostra aggiusta tutto, è la nostra colla, la pezza che mettiamo sugli strappi delle nostre malinconie”.
Ricorda la nonna che cucinava cantando, e in quel modo rasserenava l’atmosfera, portava allegria. Dopo la morte del padre Giulia si è assunta quel compito. Sente di doversi mostrare allegra e serena con la madre perché ha paura di perdere anche lei. 
“Portare l’allegria mi viene facile, ne porto così tanta in giro per il mondo che quando arriva sera non ne rimane più per me. Descriviti con un aggettivo: solare. Ma quel solare è solo studio, impegno, dedizione e disciplina”.
Mi è piaciuta, tra le tante, le riflessioni di Giulia sul fatto che anche chi la prendeva in giro, pur avendo un corpo perfettamente rispondente ai canoni socialmente imposti, aveva probabilmente lo stesso suo dolore che la consumava dentro e poi quella relativa ai social:
“Meno male che non c’era ancora Instagram. Cosa mi sarebbe capitato se Anna e Gaia avessero avuto la possibilità di documentare la mia delusione? Dove sarebbe finita la mia faccia enorme? In quanti avrebbero assistito allo spettacolo della mia infelicità?”
Solo per questa frase credo sarebbe giusto leggere a scuola questo libro. Far riflettere i ragazzi sulle conseguenze del bullismo e sull’uso dei social che dovrebbe essere un impegno imprescindibile per i genitori che invece troppo spesso si scherniscono dicendo di non capirne nulla. Come si insegna ai bambini ad attraversare sulle strisce pedonali si dovrebbe anche insegnare come usare i social per non fare e farsi male. Ci risparmieremmo tanti dolori, io credo. Ai ragazzi e, forse, in particolare alle ragazze farebbe bene anche confrontarsi sul senso di vuoto che ognuno prova, anche se in modo diverso. Giulia lo descrive così:
“Ce l’abbiamo tutte la fame. Ma qualcuna di noi la conosce meglio di altre. È ancestrale, è la mancanza di ascolto, di cura e di amore, non soltanto la nostra ma quella di tutte le donne che popolano questo mondo. È sinonimo di desiderio la nostra fame, e a volte è persino fame di desiderio perché non sempre siamo libere di desiderare. La mia non è mai passata, è rimasta impigliata ai ricordi”.
Questa fame porterà Giulia a sostituire il cibo con altro nel tentativo di riempire il vuoto fino a quando capirà di non dover cancellare Balena ma di dover abituarsi a conviverci perché è stata, comunque una parte di lei e della sua vita. Acquisirà la consapevolezza di aver usato il suo corpo con una funzione sbagliata: prima per proteggersi e poi per attrarre, in un continuo movimento verso l’esterno, mai verso sé stessa e verso ciò che davvero voleva. In quel modo non aveva rispettato il suo corpo e non lo aveva amato.
La frase che meglio spiega il malessere di Balena e che mi si è impressa nel cuore la uso per concludere questa recensione e vi invito a rifletterci sopra.
Immaginate questa ragazza che, dopo tanto tempo trascorso a cercare di eliminare Balena e ritrovare sé stessa, decide di salire sulla bilancia, e lo fa a occhi chiusi.
"Quando riapro gli occhi sulla bilancia c’è scritto 78. Ma io leggo una cifra lunghissima, come i numeri del Super Enalotto, come un codice iban, leggo
1 + 1 + 1300 + 5 + 4500 + 1
Un padre morto
Una madre stanca
1300 pacchetti di Amica Chips mangiati su un divano che non esiste più
5 volte in cui mio fratello mi ha detto “ti voglio bene”
4500 volte in cui ho visto mia madre piangere
Una convinzione: che mio padre soffra ancora.
Io peso infinito."
E con questo, copiandola giuro che mi è venuta la pelle d’oca, assegno cinque stelle e chiedo a tutti di leggere questo libro e, se lo farà qualche insegnante, di portarlo nelle scuole.
Buona lettura.

Recensione di

3 commenti:

  1. Bella recensione, ma temo non faccia per me; grazie

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  2. Molto interessante soprattutto nella società di oggi...per grandi e per i piccoli...

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  3. Sembra un libro molto interessante e personalmente penso che tratti una tematica di cui spesso si parla nel modo sbagliato. Appena avrò l'occasione lo leggerò molto volentieri, tanto più che si tratta di una storia vera ❤️❤️❤️

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