martedì 4 gennaio 2022

Recensione - "E' gradita la camicia nera" di Paolo Berizzi

Ciao a tutti! Iniziamo alla grande il 2022 con la seconda recensione dell'anno, a cura di Monica, che adora leggere libri per me impossibili, come questo che tratta di ideologie politiche. Le sue non sono proprio recensioni, ma analisi e osservazioni che rendono i suoi scritti belli da leggere e che incuriosiscono. 
Titolo:
E' gradita la camicia nera
Autore: Paolo Berizzi
Genere: Ideologie politiche
Pagine: 256
Editore: Rizzoli
Data di uscita: 26 ottobre 2021

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Nel cuore del ricco Nordest, Verona è il laboratorio italiano dell'estrema destra di potere. Qui ex skinhead e animatori di festival nazirock, capi ultrà che allo stadio inneggiano a Hitler ed esaltano “una squadra a forma di svastica”, tradizionalisti cattolici nemici giurati dell'illuminismo, dello Stato unitario e del “dilagante progressismo ecclesiale”, avvocati dal saluto romano fin troppo facile, promotori di cene e gite in cui “è gradita la camicia nera” entrano in consiglio comunale nella lista del sindaco, organizzano manifestazioni finanziate dal Comune, diventano presidenti di società partecipate o della commissione sicurezza, finiscono a capo dell'Istituto per la storia della Resistenza... 
In questo libro, Paolo Berizzi racconta le vicende e le contraddizioni di una città unica. Riavvolge il filo che risale non solo ai tempi della repubblica di Salò, di cui Verona fu una delle capitali, ma addirittura agli albori del movimento fascista, visto che quello di Verona fu, nel 1919, il “fascio terzogenito”, nato appena due giorni dopo la fondazione dei Fasci di combattimento in piazza San Sepolcro a Milano. Mostra il fertile terreno di coltura che ha alimentato l'eversione nera, da Ordine Nuovo alla Rosa dei venti al Fronte Nazionale di Franco Freda, o i deliri dei due serial killer che, firmandosi Ludwig, intendevano ripulire il mondo dalla “feccia morale e sociale”, sterminando prostitute, omosessuali, senzatetto, tossicodipendenti, presunti viziosi, preti scomodi. Fotografa un presente in cui la destra radicale monopolizza il tifo calcistico, le proteste ai tempi della pandemia, eventi come il Congresso mondiale delle famiglie. Verona è oggi l'immagine di un possibile futuro per l'Italia e per l'Europa, e questo libro è un invito a non distogliere lo sguardo.
Ho voluto leggere questo libro perché, essendo di Verona, mi è capitato spesso di scontrarmi con questa triste realtà. Ogni volta mi sono sentita dire che per colpa di un caso isolato si va a parlar male di tutta la città. Eppure quelli citati da Berizzi nel suo libro sono fatti ben documentati e sono tali e tanti che, mi si perdoni la battuta, permettono purtroppo di far di tutta l’erba un fascio...

All’indomani del mio diciassettesimo compleanno, nel 1981, la mia gita in città, sì lo confesso sono una “ragazza” di campagna, ebbe il suo culmine nel visitare da lontano la torretta di Porta San Giorgio, una piccola struttura abbandonata, parte delle vecchie fortificazioni austriache, divenuta ricovero per sbandati, tossicodipendenti e senza casa. Nel maggio dell'81 un rogo diede la morte a un mio coetaneo, Luca Martinotti, che stava trascorrendo la notte lì con un altro amico, rimasto gravemente ferito. Per questo delitto, sebbene fosse pervenuta alla redazione del quotidiano La Repubblica una lettera di rivendicazione a firma Ludwig con un testo aberrante, il duo Abel-Furlan che agiva sotto lo pseudonimo Ludwig, non fu condannato.
 
«LUDWIG
LA NOSTRA FEDE È NAZISMO
LA NOSTRA GIUSTIZIA È MORTE
LA NOSTRA DEMOCRAZIA È STERMINIO
RENDIAMO NOTO CHE ABBIAMO PUNTUALMENTE 
RIVENDICATO IL ROGO DI SAN GIORGIO A VERONA 
CON IL MESSAGGIO
INVIATO A 'LA REPUBBLICA'.
ALLEGHIAMO UN DISCHETTO METALLICO
IDENTICO A QUELLO APPLICATO SULLA
PIÙ GRANDE DELLE TRE TORCE USATE.
GOTT MIT UNS»
 
Ricordo che, anche negli anni dell’università, mi succedeva spesso di passare da quelle parti e ogni volta provavo molta angoscia al pensiero che, a compiere quel gesto orribile, erano state persone della media borghesia, spinte da un forte ideale che le faceva sentire in diritto di decidere della vita e della morte di altri in virtù di una teorica supremazia. Furono condannati per altri reati simili ma, lo testimonia l’intervista di Berizzi, nulla ha scalfito la loro ideologia.
Un altro episodio sempre legato alla mia adolescenza riguarda una partita dell’Hellas che ero andata a vedere con mio padre. Usciti dallo stadio assistemmo, attoniti, alla sfilata delle due tifoserie, Veronese e di Ascoli Piceno, che marciavano a braccio teso urlando slogan fascisti. Io non capivo cosa c’entrasse il fascismo con il calcio ma ebbi paura ed anche mio padre. Una volta tornati a casa mi disse che non saremmo più andati allo stadio, e così fu. 
Parlandone qualche giorno fa con un “butelo” della curva dell’Hellas mi sono sentita dire che quando si va allo stadio si sa che ci sono zone nelle quali non si deve andare quando c’è la partita. Che non bisogna essere sprovveduti. Ma che comunque il problema fascismo nella Curva non esiste. Questo ragionamento mi lascia parecchio  perplessa in quanto se il problema non fosse reale e tangibile non ci sarebbero zone da evitare per non ritrovarsi in mezzo a fanatici violenti.
Non ero convinta allora e non lo sono nemmeno ora. 

Fatti più recenti hanno dimostrato a Verona, come in altre città, che le manifestazioni contro le restrizioni legate alla pandemia e alla campagna di vaccinazione, hanno visto l’infiltrazione, se non proprio la gestione e l’organizzazione, di movimenti quali Casa Pound o Forza Nuova. Tutto questo mi porta a riflettere sul fatto che possa esserci un disegno volto a cavalcare e ad alimentare il malcontento della popolazione al fine di creare disordini tali da portare ad un sovvertimento dello stato di diritto.

La storia purtroppo non ha insegnato agli uomini l’importanza di vivere in pace e onestamente e l’ideologia della superiorità di un gruppo su tutti gli altri ha prodotto, e potrà produrre ancora in futuro, solo dolore e distruzione sia che venga fomentata dalla politica sia che derivi da estremismi religiosi. E non mi riferisco solo ai fondamentalismi islamici, come verrebbe da pensare facilmente, ma anche cattolici che a Verona sono ben rappresentati. Personalmente ritengo che gli estremismi siano sempre sbagliati perché non sono mai aperti al dialogo. Una società che non dialoga è una società che non mi rappresenta e in cui non vorrei mai dover vivere.

Leggendo il libro di Berizzi ho spesso pensato alle analogie tra i principi fondanti dell’estrema destra e dei fondamentalismi religiosi, anche islamici. Questa cosa mi sembra davvero assurda.
Ecco dunque che leggere questo libro per me è stato come ricevere diversi pugni nello stomaco. Sono dovuta andare molto lentamente per poterlo assimilare e per quanto avessi già un’idea della situazione non immaginavo fosse così pervasiva. 
Spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno. Io rispetto le idee politiche e religiose di tutti ma, confesso, ho dei problemi con gli estremismi.
Consiglio la lettura di Berizzi a chi la pensa come me, per trovare conferme, e a chi la pensa diversamente per trovare spunti di riflessione. Perché nel 2021 entrare in una pasticceria della bassa veronese e trovare esposto un altarino dedicato allo Zio Benito, sì quello che dicono aver fatto anche cose buone, lo trovo disdicevole e mi porta a cambiare locale.
Il libro è ben scritto e ben editato, in alcune parti l’ho trovato fin troppo ricco di dati, ma in linea di massima si legge in maniera scorrevole ed è sempre interessante.
Assegno 3 stelle solo perché è un libro che non vorrei ci fosse stata ragione di scrivere. 

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