giovedì 13 gennaio 2022

Recensione - "Il digiunatore" di Enzo Fileno Carabba

Buongiorno lettori... Collaborare con le Case Editrici è sempre un'esperienza appagante e meravigliosa, sopratutto quando ti permettono di accedere a incontri online con gli scrittori. 
Questo lunedì infatti abbiamo avuto il piacere di incontrare in una video riunione Enzo Fileno Carabba che si messo a disposizione di noi blogger per parlare del suo libro. Monica, la mia agente speciale si è messa subito in moto e grazie anche ai suoi interventi è stato piacevole assistere a come la tecnologia ci avvicina anche se siamo tutti così lontani.
Titolo:
Il digiunatore
Autore: Enzo Fileno Carabba
Genere: Biografia, Narrativa
Pagine: 256
Editore: Ponte alle Grazie
Data di uscita: 13 gennaio 2022

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Nato a metà Ottocento a Cesenatico Ponente, terra di mangiatori, Giovanni Succi si impone sulla scena del mondo come il più grande digiunatore di tutti i tempi. C'è qualcosa in lui di invulnerabile, che non si arrende neanche all'evidenza. Qualcosa che ha imparato ancora bambino dalle carovane dei circhi, quando scendevano dal Paradiso Terrestre verso la pianura romagnola. Alla saggezza errante dei saltimbanchi, Giovanni deve la sua gioia e la sua salvezza, l'urgenza di diventare quello che è: uno spirito sensibile, un leone indomabile, un profeta immortale. Guidato dall'utopia del socialismo e dal battito del suo cuore, veleggia libero come un elisir attraverso deserti e savane, cespugli e radure, nuvole e gabbie, e mette il suo digiuno al servizio dell'umanità. Coltivando in sé la sorgente di una speranza illimitata - riflessa in donne dai nomi armoniosi quali Ginevra, Gigliola, Guerranda -, segue il suo respiro per il mondo, dal Canale di Suez al manicomio della Lungara, dalle strade del Cairo e di Milano alle corsie della Salpêtrière. Incontra donne-belve e grandi esploratori, Sigmund Freud e Buffalo Bill, mentre l'Occidente sfocia nella modernità e perde per sempre l'innocenza. In questa biografia sentimentale, Carabba parte da una storia vera per trasfigurarla in un grande romanzo, che ci svela il valore del dubbio, le acrobazie dell'entusiasmo, la fierezza della semplicità. Perché è proprio lì, sul confine tra il pieno e il vuoto, dove la nebbia personale si dissolve nell'incontro con gli altri, che si nasconde la promessa dell'eternità.
Questo libro si legge molto volentieri, è scritto bene, ben editato e ti invoglia a sprofondare nella lettura, forse anche per la brevità dei capitoli che scorrono via come ciliegie. Ho avuto modo di chiedere direttamente all’autore il perché della scelta di capitoli così corti e lui mi ha risposto che è uno stile che lui preferisce per non appesantire la narrazione. Concordo in pieno. Ci ho messo davvero poco a leggere queste duecentocinquanta pagine ma, giunta alla fine, non ero sicura di aver individuato  la parte scritta per me. La Casa Editrice Ponte alle Grazie ha organizzato un incontro con l’autore per i blogger che avevano potuto leggerlo in anteprima e ascoltando le risposte di Enzo Fileno Carabba alle molte domande suscitate da questa biografia romanzata sono riuscita a capire un po’ di più del messaggio che ha inteso trasmettere. Come molte altre blogger anche io conoscevo solo il digiuno del mistico che
“…digiuna per punire il corpo e dominarlo con l’anima. Ma il corpo e l’anima del Succi raggiunsero una grande complicità: di comune accordo, trascuravano la tradizione punitiva del digiuno e facevano l’opposto di ciò che ti aspetteresti da loro.”
Il primo maestro di Giovanni Succi, dopo la nonna, fu uno stregone incontrato in Africa che lo convinse di avere in sé lo spirito del leone e lo aiutò a guarire dalla malaria. Un giorno, dopo avergli fatto fare molti esercizi per verificare che fosse veramente in forze nonostante la malattia e il digiuno, lo stregone gli diede una importante lezione di vita:
“Ora che devo fare?” chiese Giovanni a fine giornata, pervaso da un sentimento di onnipotenza. Avvertiva dentro di sé lo spirito del leone. Era pronto a un esercizio difficile.
“Io consiglio la felicità” disse il maestro.
Ecco, quando sono arrivata a questa frase ho capito che valeva la pena leggere il libro e infatti ho scoperto, nascoste tra le righe, molte altre perle di saggezza come questa. Qualcuna la riporterò in questa recensione, le altre mi piacerebbe che vi venisse la curiosità di cercarle.
L’autore nel rispondere ad una domanda sulla difficoltà di romanzare una biografia ha svelato come si è trovato, in questo caso, più a de-romanzare una vita che sembrava inventata che a romanzare una vita banale. Ci ha raccontato di essere rimasto affascinato dalla vita di quest’uomo sul quale potrebbe scrivere diversi altri libri, tanto è il materiale che ha dovuto scartare.

 Alla fine del libro “spiega”, senza però rivelare molto in verità, quali sono gli eventi e i personaggi non reali e, come il Succi, sempre in bilico tra il serio e il faceto, confessa che ciò che sembra più inverosimile è in realtà quasi sempre vero. 
Giovanni Succi  cresce a Cesenatico dove, ancora bambino, rimane affascinato dai saltimbanchi che arrivavano in città per fare i loro spettacoli. Poi lo ritroviamo in giro per il mondo a esibirsi come digiunatore in equilibrio tra spiritismo e socialismo sempre guidato dai suoi due spiriti guida mai d’accordo tra di loro, ma che alla fine confluiscono uno nell’altra. 
Rintracciamo il Succi anche in manicomio ma questo non significa che sia pazzo, o forse lo è qualche volta. Sappiamo bene che finire in manicomio all’epoca era legato poco o nulla al disturbo psichico. Bastava una diagnosi che spesso si poteva chiamare accusa. E questo viene spiegato molto bene nel libro:
“I malati erano raggruppati in base al comportamento. C’era il padiglione degli agitati, quello dei cronici, quello dei pericolosi, quello dei bambini e altri raggruppamenti. All’interno di ogni padiglione gli uomini erano separati dalle donne. Giovanni fu assegnato al padiglione più grande, era quello chiamato del Bisonte. Ospitava epilettici, dementi, malinconici e schizofrenici e tutti quei pazzi che sfuggivano a una definizione precisa, soprattutto i più difficili: quelli che erano sani.”
I ricoveri al manicomio si ripetono ma sembra quasi che non siano subiti da Giovanni Succi che riesce invece ad ambientarsi e a trovare il modo di essere felice anche lì:
“Il digiunatore aveva fame di tutto ma doveva sempre fare a meno di qualcosa. Fare a meno della sanità mentale lo liberava da un peso. Non si può dire che in manicomio stesse bene. Ma ormai credeva di riconoscere i meccanismi dell’Istituto e aveva bisogno della sofferenza che dava forma a quel luogo. Quei corridoi, quelle urla, quell’abbandono. Quell’insensatezza di tutti. Fu come tornare. Non proprio a casa, ma in uno di quei luoghi a cui apparteniamo, perché ci fanno paura. Altrimenti non si spiegherebbe il manifestarsi di uno schema che, nel corso degli anni, si ripeterà in varie parti del mondo: digiuno, successo, manicomio.”
Giovanni nel suo primo anno di vita è un bambino normale che riempie di orgoglio la famiglia mangiando a volontà. Finché un bel giorno smette di mangiare e sentenzia: “Oppa Oba”. Che sta per “troppa roba”. E quindi smette di mangiare per periodi sempre più lunghi. E crescendo dato che non sente di avere le capacità di fare affari come il padre, anche se poi scoprirà che non era poi un così bravo affarista, deciderà di fare di questo digiunare il suo mezzo di sostentamento sapendosi vendere piuttosto bene a parole. Anche perché in questo modo potrà continuare a guardare il mondo con la meraviglia infantile che non abbandonerà mai.
“Vincendo l’istinto di mangiare, e a volte anche quello di respirare, sosteneva di accedere a forme superiori di esistenza e di viaggiare nello spazio profondo, ricevendo sogni e visioni che venivano dal passato e dal futuro.”
In questi sogni erano nascosti dei messaggi, ma va da sé che, come dice l’autore, “Se uno si impegna vede messaggi ovunque”. E quindi è normale che attorno a lui fiorissero tanto le simpatie di chi credeva in quel suo modo di vivere sopra le righe, quanto i dubbi di chi lo considerava un ciarlatano.
E siccome la gente ama i dubbi, perché in un clima di dubbi ognuno può avere la sua certezza personale alla quale aggrapparsi ad occhi chiusi, dando agli altri dei pecoroni e dicendo loro di aprire gli occhi, Giovanni trovava terreno fertile per tutte le sue teorie strampalate. 
Ho voluto chiedere all’autore se, quando ha scritto questo passo, ha inteso fare riferimento anche alla situazione attuale in cui, ovunque ti volti, trovi qualcuno che dice, a chi non la pensa come lui, che deve svegliarsi e non credere a tutto quello che gli viene detto. Chissà perché, però, dovrebbero credere a questi. Anche oggi ogni gruppo sembra convinto di detenere l’unica verità. L’autore conferma che il meccanismo di pensiero è sempre lo stesso, oggi come allora.

La storia dunque non fa che ripetersi e starebbe a noi imparare da essa, ma ho sempre avuto grossi dubbi sulla capacità dell’uomo di fare tesoro delle sue esperienze.
Cosa, dunque vuole dirci questo libro, qual è il tema su cui è costruito?
I temi sono molti, a dire il vero. A partire dalla scelta di essere felice sempre e comunque che fa il nostro protagonista. E riesce ad essere felice perché è una persona tanto megalomane quanto umile, non presuntuoso, che si fida di chi ne sa più di lui. In fondo, forse un po’ pigro, tanto da preferire non usare il suo cervello per una parte della sua vita, affidando agli altri il compito di farlo al suo posto. Quando deciderà di tornare ad usarlo sarà felice di non esserselo mangiato alla fine di uno dei suoi digiuni.

La domanda che l’autore vuole che ci poniamo è: “in un mondo che invita ad abbuffarsi di qualsiasi cosa e che promuove un consumismo sfrenato, non ci sentiamo sommersi da Oppa Oba
E quindi, a cosa saremmo disposti a rinunciare alla luce dell’esempio del Succi che più digiunava e più diventava forte?
Ringraziando di avere avuto l’opportunità di leggere il libro e di poterne parlare con l’autore e l’editor Cristina Palomba, assegno quattro stelle a questa storia tanto inverosimile da non sembrare una autentica biografia e, ovviamente, aspetto le vostre domande per un confronto che è sempre bello e proficuo.
Buona lettura.

Recensione di

8 commenti:

  1. Molto interessante, grazie per la recensione

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  2. Sembra una lettura molto interessante. Mi intriga parecchio il fatto che da una biografia l'autore abbia romanzato la storia. Bravissima Monica, bella esposizione dei tuoi pensieri.

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    1. Grazie mille Alex. Si è un libro strano ma che si fa leggere bene. Buona lettura

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  3. Lettura interessante. Bella recensione Monica.

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