mercoledì 19 febbraio 2025

Recensione - "A Roma non ci sono le montagne" di Ritanna Armeni

Titolo:
A Roma non ci sono le montagne
Autore: Ritanna Armeni
Genere: Storico
Pagine: 208
Editore: Ponte alle Grazie
Data di uscita: 14 gennaio 2025

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Uno spazzino gioviale che spinge il suo carretto. Una ragazza semplice ma elegante, con la borsa della spesa e un impermeabile sul braccio. Un giovane uomo, l’aria assorta, la cartella di pelle, forse un professore. Una Mercedes, scura e silenziosa come l’ufficiale tedesco seduto sul sedile posteriore. Una compagnia di soldati che marcia cantando. Perché nel 1944 le compagnie naziste cantano sempre quando attraversano Roma. In quei pochi metri, in quei secondi di trepidazione e attesa passa la Storia. E le storie dei singoli individui che formano i Gruppi di azione patriottica, fondati qualche mese prima contro l’occupante tedesco. Per lo più ragazzi borghesi, spesso universitari, che si tramutano in Banditen, capaci di sparare e di sparire, di colpire il nemico ogni giorno, senza dargli tregua. In quel breve – e infinito – pomeriggio di primavera, dove passato e presente si intrecciano, c’è chi si prepara e chi viene sorpreso, chi muore e chi sopravvive, chi scappa e chi ritorna. E c’è anche chi, sui corpi dei 33 tedeschi uccisi, firma la condanna a morte di 335 italiani. Ritanna Armeni, con l’intelligenza di chi vuole comprendere, e ricordare, conduce i lettori in via Rasella e mette in scena uno degli episodi più emblematici della Resistenza romana.

Il caso ha voluto che leggessi contemporaneamente questo splendido libro e, l’altrettanto splendido, Tunnel 29. Poco meno di vent’anni di differenza tra le due storie. Una ambientata in Germania e l’altra a Roma. Due azioni volte a rivendicare la propria e altrui libertà agite con mezzi diversi. Ma i protagonisti sono identici: giovani studenti universitari che non accettano l’oppressore.

La storia di questo gruppo di ragazzi che a Roma combattono contro l’occupante tedesco esce dai loro vissuti e dai loro pensieri nelle poco più di due ore che Armeni ci racconta.

Io l’ho finito questa notte alle tre e sono ancora rintronata dal sonno, ma non riuscivo a smettere di leggere. Sapevo quello che sarebbe successo, ovviamente, ma la tensione creata dall’autrice tra romanzato e passaggi storici, in corsivo, era tale che non ho potuto fermarmi prima di arrivare in fondo.

È un atto spaventoso quello compiuto da quei ragazzi ma era un atto di guerra e la guerra è spaventosa e brutale. È un fatto noto ma volutamente trascurato perché gravato da un giudizio morale molto negativo.

Molte cose sono state dette su quel fatto. Armeni le segnala come divulgate di proposito per mettere in cattiva luce l’operato dei Gap. Le mette tutte in fila per bene.

Sapevano che ci sarebbe stata una reazione da parte dei tedeschi. E quindi? Avrebbero dovuto non far nulla per questo timore?

Dovevano consegnarsi per evitare la morte dei 335 alle Fosse Ardeatine. Peccato che di quella strage si seppe solo a cose fatte.

Si legge, si capisce e ci si forma un’idea dei fatti. Sono profondamente contraria alla violenza ma prendo atto che la guerra è fatta di atti violenti. E la guerra non nobilita l’uomo ma lo imbarbarisce.

Quello che avvenne in Via Rasella fu un atto partigiano compiuto da un gruppo di giovani che avevano un’idea molto forte di libertà e volevano far capire ai romani che valeva la pena di battersi. E che non sarebbero stati soli a farlo, che non erano abbandonati alla mercé dell’occupante.

Armeni sente forte l’esigenza di raccontare la Resistenza e la capacità dei ragazzi che ne facevano parte, di vivere dei valori e di metterli in pratica. Questi ragazzi non erano eroi né martiri. Avevano tutti una grande paura di morire ma non erano disposti a vivere da occupati ma erano pronti a rischiare la loro vita per la libertà del Paese.

Armeni ama raccontare delle singole persone che hanno fatto la Storia e alla fine del libro ne conosceremo tutti i protagonisti. E sapremo dei loro amori, perché l’amore di coppia viaggia sempre molto vicino alle grandi rivoluzioni. Lo abbiamo visto anche in Tunnel 29.

Mi è piaciuto anche lo sguardo rivolto alle donne dall’autrice. Donne che, magari, entrano nei Gap come “strumenti” per aiutare gli uomini ma poi, concretamente, riescono ad arrivare a ruoli diversi. E le troviamo armate e pure capaci di piazzare ordigni quanto i loro compagni.

È un libro che farei leggere ai miei figli? Sì. Certo. Perché insegna che per avere la libertà, o qualunque altra cosa, bisogna darsi da fare. Che nessuno ti regalerà mai nulla, specie in materia di diritti. Anzi, ciò che abbiamo potrebbe esserci tolto. E per questo occorre non abbassare mai la guardia.

Concludo ricordando quel che rispose Carla Capponi quando le fu chiesto se si sarebbe consegnata ai tedeschi per salvare le vittime della rappresaglia:

“Non presentarmi avrebbe significato morire ogni giorno per tutto il resto della vita.

Mi sarei costituita anche sapendo benissimo che i tedeschi non si sarebbero comportati da gentiluomini, non si sarebbero certo accontentati di una sola vittima. Avrebbero semplicemente ammazzato me insieme agli altri”.

Nonostante ciò Roma non è stata buona con Carla e il suo compagno Sasà. Ma da me non saprete altro.

È un libro scritto ed editato bene che regala davvero tante emozioni e merita 5 stelle.

Buona lettura.


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