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mercoledì 20 novembre 2024

Recensione - "Fumana" di Paolo Malaguti

Titolo:
Fumana
Autore: Paolo Malaguti
Genere: Romanzo storico
Pagine: 304
Editore: Einaudi
Data di uscita: 3 settembre 2024

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Il suo nome è Fumana, che nella bassa del Po vuol dire nebbia. In quel mare pallido che copre ogni cosa come un mantello, a lei piace perdersi, e non ha paura di nulla. Lo sa bene suo nonno, il rude Petrolio, che di notte la porta nelle paludi a pescare le anguille. Fumana cresce libera e selvaggia, ma quando comincia a farsi donna, Petrolio deve chiedere aiuto alla Lena, la «strigossa» della zona. Lena le insegnerà molte cose, da come stendere la sfoglia per i cappelletti alle parole segrete che usa per guarire le persone. Così, mentre l’Italia passa da una guerra all’altra, Fumana scopre il suo dono, la sua vocazione. Una storia piena di tenerezza sui legami e sulla trasmissione dei talenti, sull’accettazione del proprio destino ma anche sulla tenacia nel cercare la propria strada. A Fumana la nebbia piace così tanto che a volte, quando si immerge in quel bianco opalescente, sembra ci sia qualcuno – o qualcosa – ad aspettarla. Le piace pure pescare con il nonno, la notte, sul sandolo, una lanterna a illuminare il buio della palude. E poi, da un certo punto in avanti, inizia a piacerle anche Luca: dopo aver fatto il bagno con lui alla pozza delle monache, torna a casa senza sapere bene che cosa le si agita dentro, e perché. La notte in cui è nata, la gente di Voltascirocco se la ricorda ancora, sembrava che l’Adige volesse portarsi via tutto il Veneto. Se sopravvivi a un disastro come quello, con tua madre che muore di parto e tuo padre che forse è fuggito verso la Merica a cercare fortuna, è perché la vita ti ha destinato a qualcosa. I primi anni col nonno Petrolio, nella quiete immobile dei margini del paese, tra i canali pieni di rane, anguille e tinche, Fumana li passa a esplorare tutto ciò che può e a far finta di non sentire i giudizi degli altri. Ma poi l’infanzia finisce, e persino il burbero Petrolio capisce che deve fare qualcosa, che sua nipote sta diventando una ragazza: l’incontro con Lena, che con certe sue parole, con certi suoi segni, con certe sue erbe guarisce la gente, sarà la svolta. Ma accettare il proprio dono – Fumana è «venuta al mondo con la veste» e ha perciò qualità prodigiose – significherà forse sacrificare tutto il resto. Paolo Malaguti ci racconta una storia antica eppure ancora vicina. Un mondo perduto tra il fiume e la pianura, tra la pesca e la magia contadina, al centro del quale c’è un personaggio femminile tenace, alle prese con le aspettative di una società chiusa, a tratti meschina, e il desiderio di essere sé stessa.

lunedì 17 giugno 2024

Recensione - "Piero fa la Merica" di Paolo Malaguti

Titolo:
Piero fa la Merica
Autore: Paolo Malaguti
Genere: Narrativa storica
Pagine: 208
Editore: Einaudi Editore
Data di uscita: 4 aprile 2023

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Quelli come i Gevori li chiamano «i bisnenti»: hanno due volte niente. Per loro partire, più che una scelta, è un tuffo in un niente diverso, ancora sconosciuto. Anche se dai boschi del Veneto alle foreste del Brasile il viaggio è così lungo. Soprattutto in nave, soprattutto alla fine dell’Ottocento. Attraverso gli occhi di Piero, che ha quindici anni e tante cose in testa, Paolo Malaguti racconta l’epopea e la perdita dell’innocenza degli italiani nelle Americhe: il gesto rapinoso di costruire il mondo tra animali mai visti e piante lussureggianti, dove la lotta con la natura è un corpo a corpo quotidiano. E il futuro una scommessa. Piero dei Gevori ha quindici anni e vive ai margini del bosco del Montello, l’antica riserva di legna della Serenissima. In famiglia sono tantissimi e poverissimi, hanno una casa che sta in piedi per miracolo, mangiano poco e non possiedono nulla. Come se non bastasse, la cattiva sorte si accanisce su di loro. Da qualche tempo, giù al paese, si dice che alla Merica regalino la terra a chi ha voglia di lavorare. Dopo l’ennesima ingiustizia, per i Gevori mettersi in viaggio in cerca di fortuna non è più una scelta, ma l’unica salvezza. Eppure, quando arrivano in Brasile insieme alla marea di italiani in fuga dalla miseria, non trovano il paradiso promesso. Lì in mezzo al nulla bisogna farsi spazio, abbattere gli alberi per costruire tutto da zero: dovranno strappare la terra al “mato”, tra le minacce sconosciute della foresta vergine, lontani da tutto e da tutti, senza alcuna possibilità di tornare alla vita che si sono lasciati alle spalle. Piero aiuta il padre e la sorella a mandare avanti il fondo, tira su case, semina granturco e fagioli: arriva alla sera con le ossa rotte, ma nel frattempo cresce. E crescendo impara due cose: che per morire basta il morso di un serpente, e che il primo amore è più pericoloso di tutte le bestie feroci messe insieme. Nel groviglio del “mato”, oltretutto, sarà lui a scoprire quello che nessuno aveva rivelato ai migranti. La loro terra appartiene ad altri, i nativi che quelle colline le abitano da sempre. Nel suo nuovo romanzo, Paolo Malaguti dà vita a una pagina dimenticata della migrazione italiana. Con la felicità narrativa che ben conosciamo e una lingua che ha i colori del veneto, dell’italiano e del portoghese, ci proietta in un mondo lontano e avventuroso, fatto di fatica e piante esotiche, febbre dell’oro e tradizioni da custodire a un oceano di distanza.