Autore: Gino Castaldo
Genere: Narrativa
Pagine: 295
Editore: HarperCollins
Data di uscita: 25 febbraio 2025
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Poi le prime grandi amicizie, il primo amore, nuovi idoli che nascono e muoiono in fretta, la diffusa e frenetica voglia di cambiamento. E di rivoluzione. Una rivoluzione che, ancora al suono di accordi rock e nuovi strumenti, con i capelli lunghi e le magliette colorate, prende finalmente vita alla fine del decennio, tra manifestazioni, viaggi in terre lontane ed esotiche, speranze. Promesse di una libertà assoluta e sfolgorante che dà le vertigini e che i giovani e la musica non hanno mai vissuto prima. Luigi cresce, si sposa, lavora a progetti di scrittura e politica, immerso in un clima di trasformazioni epocali. Ma la droga e l’improvvisa ondata di violenza degli anni Settanta mettono in crisi quei sogni e lui va incontro alle prime disillusioni e alle ombre di un tempo che non tornerà, mentre la vicenda privata del protagonista si incrocia con quelle di uomini straordinari, da Andrea Pazienza a Freak Antoni, da Paolo Pietrangeli a Rino Gaetano.
Il ragazzo del secolo, o della rivoluzione perduta è l’esordio nella narrativa di Gino Castaldo, il più grande e amato giornalista musicale italiano, un romanzo in cui i desideri, le speranze e i dolori di un’epoca vicina e al contempo perduta rivivono grazie alla magia della letteratura.
Gino Castaldo non voleva scrivere un romanzo, almeno questo
dichiara. La sua intenzione era redigere una lunga lettera ai suoi figli per
trasmettere loro tutto quello che aveva imparato crescendo e diventando uomo
nella seconda metà del secolo scorso. Voleva che capissero che “Pace” non è
solo una parola e che la musica ha un potenziale enorme nella vita delle
persone.
Quello che l’autore voleva far emergere è come in quegli anni
si pensasse sempre al futuro, si fosse sempre alla ricerca di qualcosa, mentre
oggi, si è concentrati sul “qui e ora”. E questo limita gli orizzonti. Oggi si
vive in una piazza ingannevole che è quella dei social e molto meno nelle
piazze vere.
È un libro di passione, però, non di nostalgia.
Alla fine la lunga lettera ai figli è diventata un romanzo il
cui protagonista somiglia molto all’autore che, però, insiste sul fatto che si
tratta di un romanzo.
I veri protagonisti del libro sono la città di Roma, con
tutti i rischi e le opportunità che una grande città può offrire, e il viaggio.
Non il viaggio organizzato ma quello improvvisato. Un viaggio di scoperta. Il
mondo era ancora percorribile e si rivelava mano a mano che lo si percorreva.
Kabul era la stazione di riposo, la città più accogliente. Sembra impossibile
pensarlo oggi.
Castaldo ritiene che il decennio degli anni ’70 non sia stato molto raccontato dal punto di vista narrativo. Droga, musica, politica, relazioni erano tutte contemporaneamente presenti in quegli anni. In particolare la musica non era semplicemente la colonna sonora di quel che avveniva ma il tessuto connettivo che teneva insieme i vari elementi.
L’autore mostra come quel mondo, quella vita e quella musica fossero diverse e vorrebbe che i giovani di oggi, che leggono il suo libro, non si accontentassero più della calma piatta che sembra imperare oggi. Quella generazione sapeva crearsi spazi dal nulla e viveva una vita permeata completamente dall’ideologia fino a situazioni estreme.
Spesso gli anni ’70 vengono identificati come “gli anni di piombo” ma non furono semplicemente quello. Sono stati un decennio molto creativo e meraviglioso, poi negli ultimi tre anni sono arrivati anche il piombo e la droga pesante, e l’autore mette un grosso punto interrogativo sul motivo per cui assieme al piombo era diventata così disponibile l’eroina, ma prima c’era stato moltissimo altro.
Per esempio sono nate le prime radio libere. Poi si sono commercializzate e sono diventate radio private. Non erano più la stessa cosa. I giovani si dividevano in politici e fricchettoni. I primi teorizzavano tutto, dal privato al pubblico. I secondi vivevano in pratica senza tante parole.
Il nostro protagonista è attratto da entrambe le fazioni.
Sempre in quegli anni le donne iniziarono la prima rivolta
femminista. Se gli uomini parlavano di massimi sistemi le donne affrontavano la
loro interiorità. I gruppi politici maschili, in particolare Lotta Continua,
non seppero comprendere e fare altrettanto e questo segnò la loro fine.
Nel leggere questo libro ho avuto modo di riflettere su com’è
diverso vivere in un piccolissimo paese di campagna rispetto a una città
metropolitana. Sottolineo che ho scritto diverso non necessariamente migliore
l’una o l’altra opzione. Luigi ha avuto modo di incontrare personaggi
importanti del mondo politico e musicale, ha vissuto esperienze incredibili,
nel bene e nel male, ha viaggiato senza meta, ha amato in modo assolutamente
libero salvo risentirsi se a fare altrettanto era la sua compagna. La libertà
sessuale era molto teorizzata e sbandierata eppure mi sono chiesta se il senso
della parola libertà sia proprio solo quello.
Il libro è scritto molto bene e affascina per i tanti
personaggi che Luigi ha modo di incontrare a Roma o in altri luoghi, da Andrea Pazienza a Freak Antoni, da
Paolo Pietrangeli a Rino Gaetano o Patty Pravo. Se posso permettermi una
piccola critica avrei preferito sapere un po’ meno della sua vita sessuale e
qualche aneddoto in più su queste celebrità.
Assegno cinque stelle per la finestra che ha saputo aprire su
quegli anni straordinari e vi auguro buona lettura.
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